A - Area Servizi
Biglietteria
Guardaroba
Toilette
B - Sala della Carità
Ambiente molto suggestivo e dedicato alla scultura medievale e rinascimentale. Nel corso della ristrutturazione dell’antico convento di San Gregorio alla Pace, Bardini trasformò il cortile in un ambiente chiuso con un soffitto del XVI secolo, da lui acquistato in una villa del Nord; lo privò dei lacunari, che sostituì con vetri, per ottenere un’illuminazione omogenea ed uniforme.
1 - Bottega di Arnolfo di Cambio, Lastra Tombale
La lastra tombale rappresenta Jacopo di Ranuccio Castelbuono, vescovo di Firenze dal 12865, eletto da papa Onorio IV. Il prelato è raffigurato su un catafalco con i simboli del suo status ecclesiastico; mitria, anello vescovile; alla sua destra, San Domenico, santo fondatore dell’ordine dei domenicani, al quale Jacopo apparteneva. Fino al 1505 la lastra si trovava nella cappella di San Luca in Santa Maria Novella a Firenze e si ritiene essere opera di bottega di Arnolfo di Cambio.
2 - Maestro Campionese, Capitello
Questo interessante capitello ci fornisce notizie riguardo alla pratica molto diffusa nel Medioevo del reimpiego di pezzi più antichi. Nacque, infatti, come parte dell’ambone della chiesa di San Vitale ai Carpineti (XI sec.) voluta da Matilde di Canossa e in epoca successiva venne reimpiegato come acquasantiera nella chiesa di Onfiano (Appennino Reggiano). Il maestro campionese, autore di quest’opera, è abile nello sfruttare la superficie del capitello per rappresentare sui quattro lati le scene legate alla Nascita di Gesù.
3 - Nicola Pisano, Testa Muliebre
La mensola con testa femminile è stata attribuita a Giovanni Pisano. Oggi, confrontandola con la testa mensola della cupola del Duomo di Siena, si ritiene, invece, opera del padre Nicola Pisano. Fu realizzata probabilmente negli anni 1260-65, fra le ultime opere pisane e le teste-mensola senesi.
4 - Tino di Camaino, Carità
L’allegoria della Carità viene sempre raffigurata come una donna dai seni scoperti mentre sta allattando uno o due bambini. Quest’opera è uno dei capolavori più noti ed importanti custoditi all’interno del Museo Bardini, appartiene a Tino di Camaino e risente dell’influenza di Giovanni Pisano, maestro dell’artista. Ispirata alla personificazione della città di Pisa della Porta di San Ranieri, la Carità mostra la pacata monumentalità di Tino. Si presume debba trattarsi di un’opera fiorentina realizzata dal maestro durante il suo soggiorno fiorentino del 1321.
5 - Arte Romanica Centro Italia, Capitello Figurato
Il capitello è di epoca romanica (XII-XIII secolo) e attualmente poggia su una colonna del I sec.d.c. Sui quattro lati è scolpita, utilizzando tutto lo spazio disponibile, una lotta tra animali. Un coniglietto dalle lunghe orecchie, simbolo del Bene, è aggredito da un drago e da un lupo, simboli del Male.
6 - Pietro Tacca, Cinghiale
Questa, insieme alla Carità di Tino di Camaino, è l’opera più conosciuta del Museo, perché i fiorentini e i turisti ne vedono ogni giorno la copia in piazza del Mercato Vecchio ( oggi piazza del Mercato Nuovo). E’ conosciuta da tutti con il nome di “Porcellino”, sebbene in realtà raffiguri un cinghiale in atto di ascoltare l’arrivo dei cacciatori, secondo l’antica tecnica della caccia con il flauto. La base, sui cui poggia l’animale, è piena di piccoli animaletti selvatici, che quotidianamente affollano i boschi. L’opera, copia dell’originale ellenistico in marmo (oggi agli Uffizi), venne realizzata dal Tacca e adattata a fontana; dalla bocca dell’animale usciva, infatti, acqua che andava a raccogliersi nella vasca sottostante, e fu destinata in origine al Mercato Vecchio. La parte finale del muso dell’animale si presenta molto consumata a causa del continuo toccare il naso da parte dei fiorentini e dei turisti. La leggenda vuole, infatti, che il porcellino sia sinonimo di buona sorte: se chi passa, tocca il muso della bestia e lascia cadere una monetina, vedrà esaudito il proprio desiderio.
7 - Giambologna, Diavolino
Bernardo Vecchietti, uomo colto e mecenate fiorentino, incaricò nel 1579 lo scultore Giambologna di progettare la nuova facciata del palazzo di famiglia. All’angolo di questo, tra via Strozzi e via Vecchietti, vennero collocati due reggistendardi in bronzo raffiguranti dei diavoletti. Al momento della distruzione del palazzo nel XIX secolo, l’unico Diavolino superstite venne sostituito da una copia in marmo, mentre l’originale si trova oggi al Museo Bardini. L’opera raffigura un satiro, ma è conosciuto da tutti come il “Diavolino”, perché legato ad una leggenda popolare: durante un sermone, il domenicano San Pietro martire avrebbe scacciato il demonio, apparso sotto le sembianze di un cavallo nero, che imbizzarrito, sarebbe scomparso proprio all’angolo di palazzo Vecchietti.
8 - Maestranza Fiorentina, Marzocco
Fin dalla fondazione romana di Florentia, il leone è sempre stato il simbolo della città fiorentina ed è sempre stato associato al dio Marte. Dagli antichi cronisti e da Dante, sappiamo, infatti, l’esistenza di un’antica immagine del dio della guerra, detto martocus, collocato nei pressi del Ponte Vecchio. Con la terribile alluvione del 1333, questo simulacro venne però spazzato via dalla furia dell’acqua. A ricordo perpetuo di questa immagine, i fiorentini decorarono la porta principale di Palazzo Vecchio con due leoni, da quel momento appellati come “Marzocco”. Questo leone è stato rimosso dal frontone del palazzo nel 1527 durante i lavori di restauro e dopo un soggiorno al convento di San Marco, è stato trasferito nel Museo Bardini.
Sala delle Robbiane
19 - Bottega di Andrea della Robbia, Madonna con Bambino e Angeli
La terracotta invetriata fu una grande riscoperta dei Della Robbia, che la introdussero in sostituzione delle tavole lignee dipinte. Il nuovo materiale consentiva di ottenere opere maggiormente resistenti da collocare all’aperto, grazie all’invetriatura che le rendeva impermeabili. Le prime terracotte vennero realizzate da Luca della Robbia e vi predominava il bianco e il blu. Andrea della Robbia introdusse, invece, altri colori più vivaci come il giallo e il verde. Questo dossale d’altare, raffigurante la Vergine con il Bambino in mandorla circondata da otto angeli adoranti, racchiude un’iconografia molto ricca di simbologie. Ai lati delle figure, due paraste piene di vegetali (cetrioli, limoni, grappoli d’uva) comunicano al visitatore chiari messaggi. La mandorla, secondo la cultura bizantina, rappresenta il cielo nel quale Maria viene assunta, accompagnata dagli angeli e dal figlio. Il cetriolo, nella simbologia cristiana, indica la perdizione umana e il peccato, perché frutto acquoso e non nutriente. Associato alla purezza mariana, invece, esalta ancor di più l’assenza del peccato nella Vergine. Il limone, profumato e con proprietà curative, è simbolo della purezza di Maria.
C - Sala delle Madonne
Questa sala deve il suo nome alla ricca collezione di Madonne in terracotta del Quattrocento fiorentino, realizzate nelle botteghe più attive del momento: da Verrocchio a Jacopo della Quercia, da Ghiberti a Donatello. L’iconografia della Madonna con Bambino sostituì gradualmente nel XV secolo i Crocifissi nei tabernacoli trecenteschi. All’interno di questa sala sono conservate opere in materiali diversi: terracotta, stucco, gesso, cartapesta, ideali per la loro riproducibilità. Bardini acquistò e raccolse molte Madonne con Bambino e le espose nel suo palazzo di piazza de’ Mozzi, secondo una simmetria da lui molto amata.
9 - Donatello, Madonna con Bambino e Angeli detta "Madonna dei Cordai"
L’opera è costituita da un supporto ligneo e da quadratini di pelle argentata e meccata ricoperti di vetro, mentre le figure sono modellate in stucco policromo. La Vergine, seduta su una sedia, osserva amorevolmente il bambino, mentre cinque putti-angeli giocano sul fondo con delle corde. E’ attribuita a Donatello, scultore fiorentino attivo prevalentemente nella prima metà del Xv secolo e noto per la sua passione per la sperimentazione di tutti i materiali e di nuove tecniche.
10 - Donatello, Madonna con Bambino detta "Madonna della mela"
In questo altorilievo viene colto un momento intimo tra la madre e il figlio. La Vergine pone al bambino una mela per distrarlo da qualcosa che lo ha turbato. La scultura era in origine collocata in una nicchia di un palazzo di Scarperia. E’ datata tra il 1420 e il 1430, alla fine dell’apprendistato di Donatello nella bottega del Ghiberti e contemporaneamente alle sue prime collaborazioni con Brunelleschi.
D - Sala d'Armi
Questo ambiente è ricavato dalla ex chiesa di San Gregorio alla Pace, sui cui resti Bardini costruì il suo palazzo nel 1881. L’antiquario fece abbattere la scalinata d’accesso alla chiesa per uniformare lo stile neocinquecentesco del nuovo palazzo. In fondo alla sala a sinistra è ancora visibile un piccolo vano che corrispondeva all’ingresso del vecchio campanile, mentre al centro della parete sono riconoscibili i resti dell’antica abside. Bardini la destinò a Sala d’Armi esponendovi la sua collezione, che comprendeva armi dall’antichità greca al Seicento.
17 - Benvenuto Tisi detto Il Garofalo (attr.), Rotella da Pompa
L’opera è stata attribuita a Benvenuto Tisi, pittore ferrarese entrato in contatto con Raffaello durante i suoi soggiorni romani e da cui fu profondamente influenzato. Questa rotella da pompa è una targa da torneo in legno e cartapesta, di forma rotonda e convessa, che reca al centro Orazio Coclite in combattimento. Lateralmente la scena è incorniciata da un fregio decorato da bubboli e sonagli, mentre alle quattro estremità, quattro medaglioni con teste di leoni e di putti, completano la decorazione.
18 - Manifattura italiana, Corazza celata
La corazza appartiene a un gruppo di armature che furono realizzate dal 1550 per gli acquirenti italiani e francesi; la bottega è collocabile nell’ambito milanese o bresciano. La celata, databile al XVI secolo, in origine, si presentava priva di decorazioni incise. Nell’Ottocento presumibilmente entrambe le armature furono rimaneggiate e la celata venne ornata a bulino sul coppo con girali di fogliami e medaglioni con figure.
E - Sala delle Cornici
La sala ospita 47 cornici della ricca collezione di Bardini e una serie di manufatti realizzati in cuoio decorato, che testimoniano il grande interesse dell’antiquario per tutti gli aspetti dell’artigianato rinascimentale. Le cornici sono esposte vuote, l’una dentro l’altra, come le volle Stefano Bardini a partire dal 1880.
11 - Manifattura italiana e spagnola, Cuscino
Quest’opera testimonia il gusto eclettico di Bardini, che nel suo palazzo riunì ed espose ogni genere di oggetti: da semplici cornici a mobili, da dipinti a oggetti in cuoio. Questo cuscino in cuoio argentato, punzonato e dipinto mostra una decorazione fogliacea e nastriforme. Nelle dimore fiorentine del Quattrocento i cuoi erano considerati beni di gran lusso e usati come finitura per letti o decoro delle pareti e per coprire casse e cofanetti. Bardini acquistò nove ornamenti in cuoio che colpiscono per la loro preziosità, per la rarità del materiale e la tecnica impiegata. In questo esemplare la presenza della punzonatura triangolare detta “a occhio di gallo”, rivela la provenienza spagnola, dove elevato è il numero di manufatti con tale decoro.
12 - Manifattura veneziana, Pianelle femminili
Le pianelle erano calzature, dalla zeppa molto alta, introdotte nell’abbigliamento femminile dal XV secolo. Si potevano indossare sia sulle calze, sia, per uscire, su morbidi scarpini, usati in casa senza pianelle. In contemporanea al cambiamento del ruolo della donna nella società, venne studiato anche un nuovo modello di calzatura. Le dame, in pieno Quattrocento, potevano partecipare alla vita pubblica, sfoggiando in tali occasioni abiti lussuosi e sfarzosi per mostrare lo status di appartenenza. A questo scopo, le pianelle servivano a proteggere le preziosi vesti dal fango e dalla strada e ad elevare la donna, dandole un aspetto monumentale. L’elevata zeppa creava, tuttavia, problemi di deambulazione e ciò comportava la presenza fissa di accompagnatori o valletti a sostegno della dama.
F - Sala dei Bronzetti
Le pareti di questa sala hanno recuperato la decorazione a stencil che riproduce i disegni del paramento in cuoio punzonato del Museo Stibbert. Bardini usò la tecnica “a stampo” per imitare le pareti ricoperte di cuoi, molto di moda a fine XIX secolo. La sala prende il nome dai molti bronzetti esposti all’interno delle teche di vetro. Nell’Ottocento i maggiori collezionisti del periodo si interessarono molto a questi piccoli oggetti bronzei. Bardini, nelle due aste organizzate a Londra del 1899 e del 1902, inserì, infatti, importanti bronzetti di ogni epoca. Nel suo palazzo in piazza de’ Mozzi il “Principe degli Antiquari” amava collocare i bronzetti su tavoli rinascimentali all’interno di teche di vetro con allestimenti sontuosi che fotografava scrupolosamente.
13 - Bottega di Severo da Ravenna (attivo tra 1496 ca.- 1543 ca.), Lucerna monocline a forma di acrobata su zampa di rapace
Questa lucerna ad una sola luce viene attribuita alla bottega di Severo da Ravenna per affinità stilistiche con alcuni suoi bronzetti. Tra le mani dell’acrobata è collocato il foro di immissione dell’olio, mentre il lucignolo da accendere è posto nel foro in mezzo ai piedi. La fiammella ardeva, quindi, tra i glutei dell’acrobata e suscitava ilarità. L’artiglio che costituisce la base delle lucerna è ricavato da un calco preso da una vera zampa di un rapace.
Sala del Terrazzo
14 - Antonio (Firenze 1441/1443- Roma 1496) e Piero( Firenze 1431/1432- Roma 1498) del Pollaiolo, San Michele arcangelo combatte il drago
I due fratelli pittori, protagonisti di una delle più attive ed importanti botteghe fiorentine del Quattrocento, specializzate in produzione orafa, scultorea, pittorica e ricami, collaborarono spesso assieme, come nel presente dipinto. Nella tela del Museo Bardini si riconoscono, infatti, affinità stilistiche di entrambi. Lo studio dell’armatura inoltre consente di poter datare con maggior precisione l’opera: risulta essere un abbigliamento da parata di gran moda nella Firenze degli anni Settanta del Quattrocento.
15 - Bernardo Daddi, Crocifisso
Cristo è raffigurato secondo l’iconografia del Cristo patiens, ovvero sofferente e già privo di vita. Alle due estremità delle croce i due dolenti: San Giovanni Evangelista e la Madonna piangono la morte di Gesù, come ci raccontano i Vangeli. Ai fianchi del Cristo, entro nicchie trilobate i Profeti con i loro rotoli spiegati, a sinistra, e i quattro Evangelisti nell’atto di scrivere, a destra. Sopra la testa del Cristo un pellicano, spesso raffigurato nelle scene della Crocifissione, mentre nutre i suoi cuccioli. Il pellicano è simbolo della Passione di Cristo, perché è rappresentato mentre si ferisce con il becco il petto, dal quale fuoriesce il sangue che i tre pulcini prontamente mangeranno. Ai piedi di Gesù, il teschio di Adamo, dal quale, secondo la Leggenda della Vera Croce, uscirà il seme, che germogliando darà vita all’albero usato come legno per la croce di Gesù. L’autore, Bernardo Daddi, artista molto richiesto a Firenze dopo la morte del maestro Giotto, dipinse il monumentale Crocifisso intorno agli anni Quaranta del Trecento; con ogni probabilità la Croce fu collocata sull’altare maggiore del Duomo di Firenze, da dove scomparve misteriosamente nella prima metà del Quattrocento.
G - Sala del Guercino
Questa piccola saletta prende il nome dall’opera più importante che vi è esposta: l’ “Atlante” di Guercino. Oltre ad essa, sono esposti all’interno di teche di vetro i disegni di Giovan Battista Tiepolo e il figlio Lorenzo.
16 - Giovanni Francesco Barbieri detto Il Guercino ( Cento 1591- Bologna 1666)
Atlante è una figura della mitologia greca, condannato dal padre degli dei, Zeus a reggere per l’eternità la volta celeste. Proprio in questa posizione viene rappresentato da Guercino: un uomo maturo, rivestito di un semplice tessuto rosso, mentre con sforzo tiene sulle spalle il globo, dove ben si vedono i segni zodiacali della bilancia e dello scorpione. Si ritiene che il dipinto possa essere un’allusione all’astronomia. Il committente dell’opera fu Don Lorenzo dei Medici, il quale richiese al Guercino, come dal diario di quest’ultimo, di realizzare un’altra tela a pendant: Endimione addormentato a mezza figura con il cannocchiale sulle ginocchia, allusione all’astrologia (Firenze, Museo degli Uffizi, Corridoio Vasariano). Don Lorenzo volle dunque omaggiare con queste due tele Galileo Galilei, scomparso quattro anni prima, e protetto del fratello Cosimo II, granduca di Toscana.
H - Scalone dei Tappeti
Stefano Bardini commerciò ed acquistò una ricca collezione di tappeti orientali antichi, esposti oggi nei maggiori musei del mondo. Nel Museo resta un nucleo consistente esposto nello spettacolare scalone. I tappeti orientali erano di gran moda a fine Ottocento per il gusto eclettico del momento e per la loro presenza sui mercati internazionali. Le ricche famiglie, a causa della crisi provocata dall’economia industriale, vendevano oggetti quali i tappeti, ormai considerati logori e vecchi. Bardini approfittò di questa situazione per accaparrarsi i migliori esemplari e rivenderli a prezzi esorbitanti.
Visite guidate e attività educative sono realizzate a cura dell'associazione MUS.E; prenotazione obbligatoria: info@musefirenze.it, 055 2768224