Quartiere degli Elementi
Realizzato a seguito dell’ampliamento del Palazzo voluto da Cosimo I de’ Medici, il nuovo quartiere fu costruito sotto la direzione di Battista del Tasso tra il 1551 e il 1555 e subito dopo, su suggerimento di Giorgio Vasari, parzialmente modificato con il rialzamento dei tavolati dei soffitti. Questo intervento segnò l’inizio del lungo rapporto di collaborazione tra Cosimo I e Giorgio Vasari che, subentrato al Tasso come architetto e artista di corte, con l’aiuto dei suoi collaboratori, in tre anni decorò quasi tutti gli ambienti. La decorazione del Quartiere degli Elementi è legata a quella del sottostante Quartiere di Leone X da un programma iconografico unitario, elaborato dall’erudito Cosimo Bartoli.
Le pitture celebrano la genealogia degli “dei celesti” come principio e fine di tutte le cose. Il ciclo comincia, nella sala che dà il nome al quartiere, con la rievocazione delle origini dei quattro Elementi dell’Aria, dell’Acqua, del Fuoco e della Terra, generati dai semi di Urano sparsi da Saturno, e prosegue nelle altre stanze dedicate alla moglie di quest’ultimo, la dea Opi, e ai discendenti delle due divinità.
A ciascuno di questi ambienti corrisponde, al piano inferiore, una sala di uguali dimensioni dedicata a un personaggio illustre della famiglia Medici. Nelle intenzioni dell’autore del programma iconografico, questa sovrapposizione avrebbe dovuto esaltare le glorie e virtù degli “dei terrestri” di casa Medici stabilendo un collegamento tra l’ascesa al potere della dinastia e le origini degli “dei celesti”.
LEGGI TUTTOQuartiere di Eleonora
Il quartiere fa parte del primo nucleo dell’edificio, eretto tra la fine del Duecento e la metà del Trecento. Per due secoli ospitò gli alloggi privati dei membri dell’antico governo cittadino, i Priori delle Arti e il Gonfaloniere di Giustizia, che durante i due mesi del loro mandato risiedevano nel Palazzo in isolamento.
Il duca Cosimo I de’ Medici, quando nel 1540 si trasferì nel Palazzo con la sua corte, destinò queste stanze alla moglie Eleonora, la figlia del viceré di Napoli don Pedro di Toledo che aveva sposato l’anno precedente. Tutti i membri della famiglia ducale avevano il loro appartamento privato in questa parte dell’edificio: Cosimo al primo piano e i figli sopra il Quartiere di Eleonora.
I lavori di adeguamento degli ambienti alla funzione di stanze private della duchessa, affidati a Battista del Tasso, cominciarono subito, con la realizzazione, tra l’altro, della celebre cappella privata affrescata da Bronzino. Proseguirono tra il 1561 e il 1562 sotto la direzione di Giorgio Vasari che, con i suoi collaboratori, rialzò quasi tutti i soffitti e li decorò in lode di Eleonora di Toledo, con storie di antiche eroine ricordate per avere “paragonato le virtù degli omini” fino a superarle. Morta di malaria nel dicembre del 1562, la duchessa riuscì appena a vedere l’opera compiuta.
LEGGI TUTTOSale dei Priori
Come gli ambienti dell’adiacente Quartiere di Eleonora, queste sale si trovano nel nucleo più antico dell’edificio, costruito tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo, e furono destinate a ospitare il Gonfaloniere di Giustizia e i Priori delle Arti, i membri dell’organo di governo della Firenze repubblicana che nei due mesi del loro mandato dovevano risiedere stabilmente nel Palazzo.
Gli alloggi privati erano nell’area poi adibita ad appartamento della duchessa Eleonora di Toledo, mentre qui si trovavano gli ambienti di uso comune: la cappella per le funzioni religiose, nella quale si conservavano anche gli oggetti più preziosi del Tesoro della Signoria, e gli spazi in cui il Gonfaloniere e i Priori si riunivano e incontravano le altre magistrature, corrispondenti alle attuali sale delle Udienze e dei Gigli. Mentre nella zona degli alloggi gli interventi cinquecenteschi cancellarono ogni traccia dell’antica destinazione d’uso, in questa parte del piano Cosimo I de’ Medici si limitò a fare affrescare le pareti della Sala delle Udienze e costruire un nuovo volume, corrispondente all’attuale Sala delle Carte Geografiche. Quasi tutti gli ambienti, quindi, presentano ancora l’aspetto che avevano nel 1530, prima della caduta dell’ultima Repubblica fiorentina.
LEGGI TUTTOSala delle Carte Geografiche o della Guardaroba
All’epoca dei Priori la sala oggi detta delle carte geografiche non esisteva, come testimoniano le tracce delle finestre della confinante Cancelleria visibili nella parete a sinistra dell’ingresso. Quando il duca Cosimo I de’ Medici si trasferì nel palazzo, i locali limitrofi andarono a costituire il quartiere della Guardaroba, dove si custodivano tutti i beni mobili della corte. Questo ambiente fu realizzato successivamente da Giorgio Vasari (1561-1565), su richiesta di Cosimo, per assolvere la duplice funzione di stanza principale della Guardaroba e sala di cosmografia.
Il progetto di allestimento della nuova sala, elaborato dal Vasari con la collaborazione del cosmografo Fra’ Miniato Pitti, prevedeva: nel soffitto, pitture raffiguranti le costellazioni; lungo le pareti, grandi armadi lignei, con tavole di geografia sulle ante e immagini della fauna e flora dei rispettivi territori sulle basi; al di sopra di questi, busti di principi e imperatori e trecento ritratti di uomini illustri. Infine, nel mezzo della sala, due grandi globi sarebbero dovuti apparire dall’alto in modo scenografico, all’apertura dei riquadri centrali del soffitto, quello celeste, rimanendo sospeso in aria, quello terrestre, calando fino al pavimento. L’idea di rappresentare in una stanza tutto il mondo conosciuto alla metà del Cinquecento rifletteva l’interesse di Cosimo per la geografia, le scienze naturali e i commerci. Tradiva però anche l’intento di celebrare il duca come dominatore dell’universo, nel ruolo che peraltro gli veniva allegoricamente attribuito dall’associazione del suo nome alla parola greca “kosmos”.
L’ambizioso progetto rimase in parte incompiuto. Dionigi di Matteo Nigetti realizzò gli armadi in noce (1564-1571) che avrebbero ospitato, prima arazzi e altri paramenti, poi oggetti in argento e oro e infine armi antiche. Delle 53 tavole geografiche portate a compimento, 30 furono dipinte dal domenicano Egnazio Danti (1564-1575) e 23 dal monaco olivetano Stefano Bonsignori (1575-1586). Ventisette furono ricavate dalla Geographia di Tolomeo (II sec. d.C.), aggiornata secondo gli autori moderni, e le altre, tra cui quelle dell’America, da varie fonti più recenti. Egnazio Danti realizzò anche il grande globo terrestre (1564-1571) che però fu collocato altrove e ricondotto alla sua destinazione originaria solo nel secolo scorso. Al centro della parete di fronte all’ingresso fu posto l’Orologio dei Pianeti di Lorenzo della Volpaia che dal 1510 si conservava nell’attigua Sala dei Gigli. Di questo spettacolare orologio, andato distrutto nel XVII secolo, esiste una moderna ricostruzione nel Museo Galileo a Firenze. Cristofano dell’Altissimo cominciò infine a dipingere i ritratti di uomini illustri da sistemare sugli armadi, copiandoli dalla famosa collezione di Paolo Giovio a Como. Nel 1570 i ritratti erano già più di duecento, disposti su tre file, ma nel decennio seguente furono trasferiti nel corridoio della Galleria degli Uffizi, dove si vedono ancora oggi.
Torre e Camminamento di Ronda
La Torre di Palazzo Vecchio accompagnata dal merlato Camminamento di Ronda, con i suoi 95 metri di altezza, svetta sulla città, costituendo uno dei suoi inconfondibili simboli e punti di riferimento. Appartiene al primo nucleo del palazzo, costruito tra il 1299 e l'inizio del Trecento, forse su progetto di Arnolfo di Cambio. All'interno della Torre, una scala in pietra di 223 gradini conduce all'ultimo livello di avvistamento merlato che offre una spettacolare vista sulla città.
La severa struttura dell'edificio rispondeva a precise esigenze politico-amministrative, ma aveva anche la funzione di proteggere gli organi di governo dagli attacchi esterni, come attestano la massiccia cortina muraria, il camminamento di ronda con i piombatoi e l'alta torre di avvistamento. La torre inoltre sovrastava simbolicamente le case-torri delle famiglie fiorentine che il governo del "Primo Popolo" aveva imposto di ridurre a un'altezza massima di circa 29 metri.
E' costituita da due parti: la prima, realizzata entro il 1302, è inglobata nelle mura del palazzo e impostata sulle fondazioni di una preesistente torre dei Foraboschi, detta della Vacca; la seconda, completata nel successivo ventennio, si eleva in aggetto sui beccatelli del camminamento di ronda, con una soluzione architettonica ardita, dettata dalla volontà estetica di conferire continuità alla facciata dell'edificio.
All'interno della torre, una scala in pietra di 223 gradini conduce all'ultimo livello di avvistamento merlato che offre una spettacolare vista sulla città. Lungo il percorso si apre una piccola cella, detta Alberghetto, dove furono imprigionati Cosimo il Vecchio nel 1433 (prima di essere esiliato da Firenze, per un solo anno, con l'accusa di avere tramato contro la repubblica) e Girolamo Savonarola nel 1498 (nell'attesa di essere giustiziato come eretico in Piazza della Signoria).
Al di sopra si trovano le due celle campanarie, che ospitano la campana comunemente detta Martinella (con la funzione di chiamare a raccolta i Fiorentini), la Campana del Mezzogiorno e la Campana dei rintocchi. Sulla cuspide svetta la copia dell'antica banderuola segnavento raffigurante il leone Marzocco con il Giglio fiorentino, oggi custodita all'interno del palazzo. L'orologio conserva il meccanismo realizzato dal bavarese Georg Ledel nel 1667, mentre la mostra risale ai restauri novecenteschi.