Nuovamente visitabile la splendida sala interna al percorso museale di Palazzo Vecchio. Ancora in corso il cantiere del Mappamondo
Riapre dopo un anno di restauri la Sala della Guardaroba del museo di Palazzo Vecchio, comunemente nota come Sala delle Carte geografiche: sarà così di nuovo possibile ammirare le tavole dipinte con le terre dell’Europa, dell’Africa, dell’Asia e del nuovo mondo così come conosciute nella seconda metà del 16/o secolo. In via di ultimazione anche il restauro del mappamondo, monumentale globo posto al centro della stanza, che viene ‘curato’ in diretta sotto gli occhi dei visitatori.
L’intervento di restauro è stato elaborato dalla direzione Servizi tecnici-Belle arti e Fabbrica di Palazzo Vecchio. Dal valore di 500 mila euro, è stato reso possibile grazie alla donazione di Friends of Florence nell’ambito del programma Florence I Care che mira a creare partnership con privati per il restauro di beni culturali e di interesse pubblico. Mappamondo e carte geografiche, ad eccezione di alcuni interventi di manutenzione risalenti agli anni Cinquanta del secolo scorso, mai erano stati sottoposti a un restauro con le tecniche moderne.
La Sala delle carte geografiche, posta al terzo piano quasi al termine del percorso espositivo, è uno degli ambienti più visitati del museo di Palazzo Vecchio e di conseguenza è sottoposta a una notevole usura. Le carte, 53 dipinti a olio su tavola con supporti lignei, inserite negli sportelli dei monumentali armadi, offrono una dettagliata rappresentazione di terre e mari noti ai tempi di Cosimo I, impreziosite da una miriade di iscrizioni dorate, raffinati cartigli, imprese medicee e creature fantastiche, sono state staccate e restaurate nella sala attigua che già ospitò il restauro del putto che decora il Terrazzo di Giunone al terzo piano del museo, recuperato un anno fa sempre grazie a Friends of Florence. Il mappamondo invece, troppo grande per cambiare sala (ha una circonferenza di oltre due metri), è stato solo spostato all’interno della sua sede via via che i lavori sono andati avanti.
Oltre ai restauri, I lavori nella sala hanno interessato il consolidamento della struttura portante del solaio, la nuova pavimentazione, la manutenzione conservativa degli armadi monumentali e la sostituzione dei pannelli in plexiglass situati sulle ante con la posa in opera di lastre antiriflesso tipo "Optium Museum Acrylic". E' stato inoltre approntato un nuovo impianto di illuminazione basato sul sistema domotico che utilizza i LED.
Le Carte Geografiche
All’epoca dei Priori la sala oggi detta delle Carte geografiche non esisteva, come testimoniano le tracce delle finestre della confinante Cancelleria visibili nella parete a sinistra dell’ingresso. Quando il duca Cosimo I de’ Medici si trasferì nel palazzo, i locali limitrofi andarono a costituire il quartiere della Guardaroba, dove si custodivano tutti i beni mobili della corte. Questo ambiente fu realizzato successivamente da Giorgio Vasari (1561-1565), su richiesta di Cosimo, per assolvere la duplice funzione di stanza principale della Guardaroba e sala di cosmografia. Il progetto di allestimento della nuova sala, elaborato dal Vasari con la collaborazione del cosmografo Fra’ Miniato Pitti che, dopo un iniziale affiancamento, cedette il suo ruolo al domenicano perugino Egnazio Danti, al quale successe infine l’olivetano Stefano Bonsignori, prevedeva: nel soffitto, pitture raffiguranti le costellazioni; lungo le pareti, grandi armadi lignei, con tavole di geografia sulle ante e immagini della fauna e flora dei rispettivi territori sulle basi; al di sopra di questi, busti di principi e imperatori e trecento ritratti di uomini illustri. Infine, nel mezzo della sala, due grandi globi sarebbero dovuti apparire dall’alto in modo scenografico, all’apertura dei riquadri centrali del soffitto, quello celeste, rimanendo sospeso in aria, quello terrestre, calando fino al pavimento. L’idea di rappresentare in una stanza tutto il mondo conosciuto alla metà del Cinquecento rifletteva l’interesse di Cosimo per la geografia, le scienze naturali e i commerci. Tradiva però anche l’intento di celebrare il duca come dominatore dell’universo, nel ruolo che peraltro gli veniva allegoricamente attribuito dall’associazione del suo nome alla parola greca “kosmos”. L’ambizioso progetto rimase in parte incompiuto. Dionigi di Matteo Nigetti realizzò gli armadi in noce (1564-1571) che avrebbero ospitato, prima arazzi e altri paramenti, poi oggetti in argento e oro e infine armi antiche. Delle 53 tavole geografiche portate a compimento, 30 furono dipinte dal domenicano Egnazio Danti (1564-1575) e 23 dal monaco olivetano Stefano Bonsignori (1575-1586). I due gruppi si distinguono principalmente per la diversa tecnica pittorica dei rispettivi autori: quella del Danti, simile alla pittura su carta e pergamena, tanto da ricordare i codici miniati, con iscrizioni, contorni e chiaroscuri delineati a inchiostro; quella di Bonsignori, a stesure coprenti di colore a olio, come nelle più comuni opere dei pittori contemporanei. Pertanto, pur condividendo la stessa storia conservativa, presentano fenomeni di degrado differenziati
Il mappamondo
Lo spettacolare mappamondo al centro della Sala delle Carte Geografiche, con i suoi circa 220 cm di diametro, è il più antico globo di grandi dimensioni giunto fino ai nostri giorni, costruito con grande ingegno in anni in cui la tecnica di costruzione di questo genere di strumenti scientifici era ancora lontana dall’essere messa a punto e codificata. Le prime notizie documentarie sul globo risalgono all’inizio del 1564, quando da una lettera inviata da Giorgio Vasari a Giovanni Caccini il 29 gennaio si apprende che quest’ultimo gli avevo spedito “l’appamondo” da Pisa per via fluviale. Il globo è stato realizzato dal frate Egnazio Danti che già si era occupato di 30 tavole geografiche e non era sicuramente ancora terminato nel 1568, quando Giorgio Vasari così lo descriveva al futuro nelle Vite degl’accademici del disegno: [in una delle “due gran palle, alte ciascuna braccia tre e mezzo”] anderà tutta la terra distintamente, e questa si calerà con un arganetto, che non si vedrà, fino a basso, e poserà in un piede bilicato, che ferma si vedrà ribattere tutte le tavole che sono a torno ne’ quadri degli armari et aranno un contrasegno nella palla da poterle ritrovar facilmente”. E’ molto probabile che il globo terrestre, una volta terminato, non sia stato collocato nella Sala della Guardaroba, in quanto non citato negli inventari del palazzo del 1570 e del 1574. Potrebbe pertanto essere stato sistemato fin da subito a Palazzo Pitti dove risulta presente in un inventario del 1587. Insieme agli altri manufatti scientifici della Galleria degli Uffizi, nel 1775 passò nel Museo degli Strumenti Antichi annesso alla Specola di Firenze e solo nel 1958, dopo altre vicissitudini, raggiunse la sua sede originaria nella Sala delle Carte Geografiche di Palazzo Vecchio.
I restauri
Per quanto riguarda le Carte Geografiche, i supporti lignei sono generalmente in buone condizioni. Gli strati pittorici, invece, hanno reagito in modo diverso alle sollecitazioni subite nel corso dei secoli e ai restauri condotti nel passato, con puliture aggressive, che hanno consumato e macchiato irreversibilmente parte delle superfici. Nelle tavole di Egnazio Danti tali vicissitudini hanno inoltre prodotto fenomeni di corrugamento e slittamento del colore, localizzati soprattutto nei mari. La lettura dei dipinti risultava disturbata dai pregressi interventi di restauro: diversi strati di vernici protettive alterate e ingiallite, numerosi ritocchi debordanti, a vernice e a olio, e una diffusa patinatura di colore bruno.
Il restauro è stato principalmente finalizzato a migliorare la leggibilità delle figurazioni, attraverso interventi selettivi di rimozione o assottigliamento dei materiali di restauro e di integrazione pittorica delle vecchie lacune e consunzioni riportate in vista dalla pulitura.
L’intervento, supportato da una campagna di documentazione fotografica multispettrale e analisi non distruttive e micro-distruttive, ha permesso di recuperare valori cromatici coerenti con quelli originali, come l’intenso blu di lapislazzuli dei mari di Danti e i passaggi tonali brillanti di Bonsignori. Il lavoro è stato eseguito nella sala del museo attigua a quella della Guardaroba, per consentire ai visitatori di assistere al suo svolgimento e ai restauratori di mantenere un confronto costante, tra loro, per un’ottimale condivisione delle modalità di intervento, e con i dipinti di volta in volta rimossi dalle ante degli armadi e, al termine del restauro, ricollocati al loro posto. Attualmente il restauro delle tavole di Stefano Bonsignori è terminato e quello dei dipinti di Egnazio Danti è in via di completamento.
Il grande globo terrestre di Egnazio Danti ha subito nel corso dei secoli diversi restauri, di cui il primo nel 1595, a cura dell’astronomo e matematico Antonio Santucci delle Pomarance e l’ultimo nel 1958, ad opera di restauratori fiorentini del settore privato e pubblico. Proprio la vicinanza temporale del primo restauro con la data presunta di ultimazione della costruzione del globo (1571), insieme alle relazioni dello stesso Santucci, ci prospettavano una situazione conservativa già critica fin dalla fine del Cinquecento, ulteriormente peggiorata dai danni prodotti dai ripetuti spostamenti e dall’esposizione agli agenti atmosferici nel periodo in cui, nel XIX secolo, il globo si trovava nel cortile del Museo della Specola, smontato dalla sua struttura esterna in ferro e posato su una base di legno. Le indagini diagnostiche e lo studio della documentazione esistente hanno consentito di chiarire diversi aspetti della tecnica esecutiva e distinguere i materiali utilizzati nei precedenti restauri. Le prime prove di pulitura con solventi gelificati hanno riportato in luce diverse sovrapposizioni di materiali di restauro che coprivano numerose abrasioni e mancanze dello strato pittorico, insieme a tre grandi lacune in corrispondenza di danni da sfondamento. La pulitura, lunga e difficoltosa, si è svolta in due fasi: con la prima è stato asportato lo spesso strato di ridipinture pressoché totali con colori a vernice e resine naturali, alterate e pigmentate dall’origine; con la seconda si è proceduto alla rimozione puntuale di moltissimi residui neri di un ulteriore vecchio intervento pittorico a base oleosa, forse risalente a un restauro ottocentesco.
Si è così rivelata la cromia originale, molto raffinata, anche se estremamente lacunosa: le linee del reticolo geografico in rosso cinabro; i mari in azzurro oltremarino di lapislazzuli, con le iscrizioni in oro a missione; le terre emerse, dipinte a base di malachite e ocra, impreziosite da una miriade di puntini dorati e con i toponimi di colore nero.
Attualmente la pulitura è in fase di completamento. L’intervento proseguirà nei prossimi mesi con la stuccatura delle lacune e l’integrazione pittorica sottotono delle numerose mancanze di colore. Il restauro si è svolto alla vista dei visitatori del museo nella Sala della Guardaroba, dove il mappamondo è stato smontato dai suoi elementi in metallo e sistemato su una struttura temporanea, appositamente progettata e realizzata per consentire ai restauratori di ruotarlo e intervenire agevolmente su tutta la superficie.
Anche la struttura esterna in metallo è stata sottoposta a restauro. Tale struttura, in ferro, costituita da una base montata su quattro piedi, un meridiano imperniato alle estremità dell’asse di rotazione, l’orizzonte e un semicerchio eclittico, prima del restauro risultava illeggibile, oscurata da depositi incoerenti e fenomeni di ossidazione. Inoltre, a causa di un remoto cedimento, il meridiano poggiava sulla base, impedendo la rotazione del globo. L’intervento in corso di svolgimento ha permesso di appurare che i ferri principali giunti ai nostri giorni, nonostante i ripetuti smontaggi e restauri ricordati dalle fonti, sono quelli originali. La pulitura, volta alla rimozione di protettivi invecchiati e corrosioni superficiali, ha riportato in luce dettagli di gradazioni e iscrizioni incise o punzonate prima non visibili. Le future fasi del restauro saranno finalizzate a migliorare l’assemblaggio della struttura, fino all’auspicabile ripristino dei meccanismi di rotazione.
La collaborazione con il museo Galileo
Il Comune di Firenze e il Museo Galileo hanno iniziato una collaborazione per lo studio e l’elaborazione di una applicazione interattiva che consente di esplorare il Globo e la Sala delle Carte Geografiche quale valorizzazione culturale dell’ambiente e dei beni culturali qui custoditi. Il Comune di Firenze garantisce la disponibilità di immagini in alta risoluzione delle carte e delle indagini diagnostiche finalizzate al restauro mentre il Museo Galileo si occupa di: ricostruire digitalmente la Sala delle Carte Geografiche secondo il progetto descritto da Giorgio Vasari; elaborare una esplorazione interattiva del globo restaurato digitalmente per rendere leggibili anche le parti oggi più danneggiate che consisterà nella lettura dettagliata di tutte le informazioni cartografiche rilevabili sul globo, dai dati cosmografici (meridiani e paralleli, costellazioni, scala dei gradi, scala delle miglia) alle mappe tolemaiche antiche e moderne, dai dati derivati dalla tradizione letteraria al disegno delle terre nuovamente scoperte (dal Sud Africa al Nuovo Mondo), toponimi, cartigli, isole, orografia, eventuali divisioni politiche dei continenti; sperimentare una ricostruzione ideale del globo originario; mettere a disposizione del Comune di Firenze un estratto significativo del prodotto finale, compatibile con il suo utilizzo all’interno del percorso di visita del museo di Palazzo Vecchio.