Ana Maria Brechler affronta in modo critico, aperto e interlocutorio questioni che toccano in modo profondo larghissima parte della società e che raramente sono oggetto di discussione.
Il nucleo centrale del saggio è il concetto di “stanza”, intesa sia come “stanza trincea” dell’alienazione e del distacco dal mondo, che accomuna a un’unica radice disfunzionale sia chi, per occultare antichi vuoti e mancanze, accumula oggetti a prescindere dal loro valore reale o affettivo, fino a precludersi una vita personale e sociale sana, sia gli adolescenti che, non riuscendo a reggere la paura del fallimento e del giudizio, le pressioni imposte dalle società capitalistiche contemporanee – essere performanti, prendere voti elevati, competere con gli altri, essere belli/e, essere sportivi/e – si ritrovano a vivere forzatamente quello che è chiamato “ritiro sociale” (dai termini giapponesi hiku: tirarsi indietro e komori: isolarsi), non uscendo anche per mesi dalla propria stanza, dormendo di giorno e restando svegli di notte alla sola luce di uno schermo, in cerca di fughe in altre fantomatiche identità digitali.
In Italia parliamo di 54mila casi. Si uniscono le difficoltà comunicative o i traumi vissuti in famiglia, la dimensione narcisistica e unilaterale della società, la paura delle aspettative altrui e quella di non doversi ritrovare adulti in un mondo che si percepisce cupo, poco rassicurante e privo di opportunità per le generazioni più giovani.
La stanza, secondo un tracciato critico originale, è poi declinata anche come stanza terapeutica dell’arte.
Ana Maria Silvia Brechler (Bucarest, 1987), si laurea in psicologia dell’arte al Dams di Bologna e successivamente in semiotica (con una laurea magistrale in arti visive).
Dialoga con l'autrice, Jacopo Chiostri. Incontro a cura del Gruppo Editoriale Albatros
Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili. Per informazioni telefonare al numero 055 2616512 oppure scrivere all'indirizzo bibliotecadelleoblate@comune.fi.it
L'iniziativa si terrà nella Saletta incontri Joyce Lussu