Alle Oblate voci dall'alluvione del '66

Giovedì 7 novembre alla Biblioteca delle Oblate un incontro con le testimonianze di chi visse l'alluvione in prima persona

Dove arrivò l’acqua, fin dove si spinse, quali altezze giunse a lambire, chi e cosa travolse, traumatizzando, inghiottendo. Si potrebbe tracciare una storia di Firenze non solo attraverso il suo sconfinato patrimonio storico-artistico, ma anche grazie alle sue “tacche” sui muri, ossia disegnando linee di congiungimento tra le targhe che attestano i punti più elevati toccati dalle piene dell’Arno durante le alluvioni che la città ha dovuto fronteggiare nei secoli.

Delle otto immani alluvioni, quella che, dopo dieci giorni di pioggia ininterrotta - nella notte tra il 3 e il 4 novembre 1966 - prorompe su Firenze dal Casentino e dal Valdarno Superiore, con un’onda di tre metri e un impatto pari a sessanta chilometri orari, è tra le più deflagranti di sempre.

Su dove  sia giunta la memoria di tutto questo, dal 6 novembre ‘66 quando l’Arno, ritirandosi, lascia dietro di sé lo scenario sventrato di una città sepolta sotto seicentomila tonnellate di fango, a oggi - cinquantotto anni dopo – ci si interroga alla Biblioteca delle Oblate mercoledì 7 novembre 2024 in un incontro dal titolo "L’alluvione del ‘66. Dove arrivò l’acqua. Dove è arrivata la memoria".

Alle ore 17.30 in Sala storica Dino Campana, si darà voce a soccorritori volontari e ai diversi corpi dello Stato coinvolti, ma anche a curatori ed esperti del patrimonio artistico e documentario. 

A seguire visita guidata alla mostra "Strappati alla piena", un'esposizione bibliografica di volumi antichi, storici e moderni del patrimonio della Sezione di Conservazione danneggiati dall'alluvione del 4 Novembre 1966.

La partecipazione all'incontro e alla visita guidata è libera fino ad esaurimento dei posti disponibili. Per informazioni telefonare al numero 055 2616512 oppure scrivere all'indirizzo bibliotecadelleoblate@comune.fi.it

Saluto di Benedetta Albanese assessora alla Cultura della Memoria e della Legalità del Comune di Firenze

Roberto Mascagni studioso di storia locale e testimone dell'alluvione del'66  

Bruno Salsano, Riccardo Fineschi Comando Regionale Guardia di Finanza Toscana - interventi e proiezione di un video dedicato all'alluvione  

Matteo Poggi Polizia Municipale - interventi e proiezione di un estratto dal documentario "L'Alluvione e la Polizia Municipale: quando un archivio diviene 'scienza del Vissuto' di Firenze" 

Elisa Frego funzionaria bibliotecaria e storica dell'arte, "La solidarietà internazionale artistica, l'appello per l'arte di Carlo Ludovico Ragghianti"   

Carmine Ignozza funzionario bibliotecario, “L'alluvione alla Biblioteca Comunale Centrale: l'emergenza e il restauro del patrimonio librario” 

Modera l'incontro Maria Grosso funzionaria bibliotecaria, giornalista

La Biblioteca delle Oblate propone un'esposizione bibliografica di volumi antichi, storici e moderni del patrimonio della Sezione di Conservazione danneggiati dall'alluvione del 4 Novembre 1966.

L'esposizione bibliografica, dal titolo "Strappati alla piena" sarà visitabile dal 5 Novembre al 15 Dicembre, al primo piano durante gli orari di apertura della Biblioteca.

L’alluvione che colpì Firenze il 4 novembre 1966 devastò anche la Biblioteca Comunale Centrale, all’epoca situata al piano terra del complesso delle Oblate. L’acqua invase le sale di lettura, raggiungendo oltre un metro d’altezza e danneggiando pesantemente la collezione di libri, periodici, e documenti storici. In quei giorni drammatici, il personale della biblioteca - diretto da Renata Gioietta Baroni - si impegnò senza sosta per salvare i volumi antichi e il prezioso materiale archivistico, affrontando non solo il fango e le carenze strutturali, ma anche la mancanza di attrezzature essenziali come carta assorbente, ventilatori e strumenti per rimuovere il fango.

Dalle relazioni dell’epoca, conservate nell’Archivio Storico Comunale, emerge il grande impegno del personale e l’importante sostegno di volontari, enti locali e internazionali. Nonostante le difficoltà, la solidarietà dei restauratori, dei cittadini italiani e persino di aziende estere permise di affrontare le urgenze: alcune delle opere più danneggiate furono trasferite a Cortona per un primo trattamento, mentre i volumi da restaurare furono inviati a laboratori specializzati.

La riapertura al pubblico della Biblioteca Comunale Centrale avvenne nel 1971, dopo anni di restauro e di cure incessanti. Oggi, la Sezione di Conservazione della biblioteca continua a preservare e valorizzare questo patrimonio storico. A testimonianza di quella devastazione, i volumi colpiti dall’alluvione, stampati tra il 1496 e il 1965, sono contrassegnati dal timbro “danneggiato dall’alluvione del 4 Nov. 1966”. Alcuni di essi saranno esposti a rotazione nei mesi di novembre e dicembre per raccontare, ancora una volta, la storia di un patrimonio che ha saputo resistere agli eventi più drammatici.

Oltre mezzo secolo dopo, l’impegno nella conservazione continua: restauro, digitalizzazione e mostre fanno rivivere la memoria di quei giorni, rendendo omaggio agli sforzi di chi, con dedizione e passione, ha salvato una parte vitale della cultura fiorentina.

Delle otto immani alluvioni, quella che, dopo dieci giorni di pioggia ininterrotta - nella notte tra il 3 e il 4 novembre 1966 - prorompe su Firenze dal Casentino e dal Valdarno Superiore, con un’onda di tre metri e un impatto pari a sessanta chilometri orari, è tra le più deflagranti di sempre.

Dove arrivò l’acqua: lo si può vedere in via dei Neri, nel quartiere di Santa Croce, dove una targa testimonia il punto più estremo raggiunto dalla piena, 4 metri e 92 centimetri.

Che cosa questa invasione di fluido melmoso, debordato d’improvviso nelle vite, produca nelle ossa, nelle case, negli oggetti domestici e in quelli dall’abissale valore artistico – da allora affiora tra le altre l’immagine del crocifisso di Cimabue... - nei vestiti, nei libri, negli occhi e nell’olfatto, nelle orecchie e nell’anima, lo sperimentano traumaticamente fiorentine e fiorentini in quelle ore cupe e infinite: la foga mastodontica degli elementi, come in una sorta di leopardiano “Dialogo della Natura e della città di Firenze”.

Dove è arrivata la memoria, ci chiediamo allora, reputando imprescindibile continuare a domandarci che cosa resti, cosa si sia perso nell’oblio, e cosa irriducibilmente resista nel vissuto individuale e nella storia collettiva di un evento che ha marcato indelebilmente il tracciato di Firenze e del Paese: la memoria di chi ha perso la vita, con i singoli nomi e l’unicità irripetibile delle 17 persone nella sola Firenze e delle 35 in totale nella provincia (ma furono toccate anche altre regioni), la memoria di chi sopravvisse e per sempre ha portato dentro di sé le ferite di quei giorni, la memoria di chi venne volontariamente da ogni parte della regione, d’Italia e dall’estero a soccorrere le vite umane e i tesori dell’arte fiorentina - immensi i danni alla Biblioteca Nazionale, migliaia di volumi distrutti, centomila danneggiati tra quelli delle Raccolte Storiche, più di cinquecento i libri alla Biblioteca delle Oblate aggrediti dal fango, a cui aggiungere i periodici. Ancora la memoria delle istituzioni, con il sindaco Piero Bargellini e con il Prefetto, con i diversi corpi dello Stato coinvolti nelle operazioni di soccorso, tra Polizia, Esercito, Vigili del Fuoco e Guardia di Finanza.

E la memoria della riflessione sulla previsione e la prevenzione dell’evento climatico catastrofico, a cominciare dalla istituzione della Commissione Interministeriale per lo Studio della Sistemazione Idraulica e della Difesa del Suolo nei giorni seguenti il 4 novembre ‘66 e fino al tracciato legale e istituzionale che ha portato alla creazione della Protezione Civile, questioni che non smettono di chiamare in causa la riflessione e la responsabilità di tutti gli esseri umani del pianeta, nella nostra contemporaneità ogni giorno più che mai.

Infine; in questa storia realmente epica che da Firenze come un mulinello infinito si propaga attraverso lo spazio e il tempo nel mondo, coinvolgendo fortissimamente comuni cittadine e cittadini, personalità della cultura e della politica, la memoria resta rapita e desidera attardarsi nel racconto della solidarietà e della partecipazione civica che allora fiorirono imperterrite e tenaci tra le macerie dell’alluvione.

Sostare presso il vissuto di coloro che furono chiamati “angeli del fango”, ossia angeli capaci di sporcarsi, compenetrarsi nella materia e nel suo insostenibile dolore, come il personaggio interpretato da Bruno Ganz ne “Il cielo sopra Berlino” di Wenders, angeli al servizio delle vite umane e dei morti, angeli capaci di passarsi da una mano all’altra, come in un ponte di protezione, volumi inestimabili su punto di deperire e sbriciolarsi (in quel frangente resta un modello anche il lavoro del Centro di Restauro).

“Restituire a Firenze il volto luminoso” auspicava Giovanni Grazzini pochi giorni dopo. Dove Firenze è la cultura e il mondo. Per questo non possiamo smettere di chiederci dove arrivò l’acqua, dove sia giunta la memoria.

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