Fino al 29 gennaio la mostra dedicata al dipinto de L’Adorazione dei Magi a Palazzo Medici Riccardi, un’opera magica e sofisticata
Per il ciclo “Cammei” dall’8 dicembre 2022 al 29 gennaio 2023, la mostra Studiando Rembrandt. Individuare il prototipo, vedere l’invisibile
Il dipinto de L’Adorazione dei Magi dopo un accurato restauro ed una approfondita campagna di ricerche presentati nel simposio di Villa Medici del giugno 2021 – mostra per la prima volta al pubblico un’opera magica e sofisticata, che introduce all’atmosfera delle festività natalizie.
L’esposizione, promossa dalla Città Metropolitana di Firenze e organizzata da MUS.E e Associazione MetaMorfosi in collaborazione con Fondazione Patrimonio Italia e Fondazione A. Teerlink, è l’occasione per presentare, accanto all’opera, gli studi e le analisi che ne ipotizzano l’attribuzione a Rembrandt, con la diretta partecipazione del Museo d’arte di Göteborg.
L’opera, realizzata in tecnica mista su carta riportata su tela, è rimasta per secoli “dimenticata” in un fondo storico-artistico risalente al ‘500. Il prototipo rembrandtiano di questo soggetto iconografico – a cui afferiscono le derivazioni conservate a Göteborg e a San Pietroburgo – era stato considerato perduto dagli studiosi, incluso il centro di ricerca “Rembrandt Research Project”. Grazie al ritrovamento dell’opera, agli attenti restauri e alle indagini diagnostiche, l’esposizione fiorentina presenta al pubblico un’opera che rivela una forza e una tecnica di eccezionale interesse.
Il dipinto misura 54 X 43,5 centimetri e il formato è assimilabile a una serie di incisioni eseguite da Rembrandt sull’Infanzia e sulla Passione di Cristo (cm 54,5 x 44,5). È realizzato con la particolare tecnica di schizzo a inchiostro su carta velato a olio, successivamente applicato su tela. Grazie alle analisi diagnostiche eseguite sull’opera, in modo particolare alle indagini mediante riflettografia infrarossa IR, è stato possibile studiare e analizzare meravigliose immagini invisibili ad occhio nudo, che in mostra vengono presentate e condivise.
I visitatori dell’esposizione, quindi, potranno così idealmente partecipare alla fase ideativa dell’opera nel momento in cui essa ha preso forma per l’autore; al tempo stesso, al pubblico è offerta la possibilità di approfondire gli elementi stilistici, storico-artistici e tecnici correlati al dipinto e di comprendere i rapporti con le altre versioni dell’opera presenti in Europa. Infatti, i diversi “passaggi” di segno a inchiostro, talvolta a pennello, le intuizioni, i ripensamenti, resi visibili dalle indagini, testimoniano la ricerca delle forme da parte dell’artista e introducono alla visione dell’opera nella sua attuale straordinaria bellezza. Fondamentale è in tal senso il confronto del dipinto con le versioni di Göteborg e di San Pietroburgo, le quali, a parte le dimensioni ed alcuni dettagli, si presentano molto simili; in virtù del confronto fra le tre versioni si chiariscono alcuni elementi stilistici finora ritenuti inspiegabili.
L’esposizione de L’Adorazione dei Magi è anche l’occasione per ricostruire la storia del suo casuale ed eccezionale ritrovamento. Il dipinto, che mostra un soggetto tra i più classici della storia dell’arte e ampiamente trattato dal pittore olandese, è di proprietà di una famiglia romana e fa parte di un fondo storico artistico parzialmente risalente alla fine del ‘500, in cui è presente un filone di provenienza olandese (al quale appartiene il dipinto in questione). Dopo essere caduto accidentalmente, nel 2016 è stato sottoposto a un intervento di restauro: è stato proprio durante la pulitura dell’opera, annerita dalla vernice antica, che – grazie all’intuito e all’esperienza della restauratrice Antonella Di Francesco – il capolavoro è emerso in tutta la sua sofisticata bellezza.
Da questa scoperta ha avuto poi inizio una serie di approfondite indagini e di specifici esami tecnici, promossi dalla Fondazione Patrimonio Italia e dalla Fondazione Teerlink, che ha consentito di verificare gli elementi costitutivi dell’opera e di attestarne la sua qualità, attribuibile allo stesso Rembrandt. Oltre al collegamento tematico con la serie di incisioni di identico formato, infatti, gli studi hanno permesso di approfondire le caratteristiche di una tecnica esecutiva che rimanda a Rembrandt: una tecnica rara, costituita da uno sketch su carta (eseguito con pennello, matita o altro medium) velato a olio, con successiva applicazione su tela. I disegni che le analisi diagnostiche hanno portato alla luce, quasi invisibili a occhio nudo, sono stati realizzati a mano libera con una punta umida molto sottile, per essere poi definiti a penna. Dalle indagini emergono anche i “pentimenti” dell’artista evidenziati dai vari interventi di restauro realizzati nel corso dei secoli ma soprattutto la presenza di uno schizzo preparatorio, non visibile a occhio nudo ma rilevato dalla riflettografia infrarossa.
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