La terza dimensione

Fino al 20 ottobre, MP5 entra all’interno del Museo Novecento a realizzare un’opera site specific per celebrare il decimo compleanno del museo

La terza dimensione – questo è il titolo dell’opera – si dispiega come un lunghissimo nastro di figure in bianco e nero dipinte direttamente sulle pareti dei due loggiati del Museo, tra piano terra e primo piano. Una popolazione, un mondo che si snoda, nascendo alla luce e dalla luce, come una lunga partitura, una coreografia di corpi, un fregio classico che per dimensioni ricorda gli affreschi michelangioleschi sulla volta della Cappella Sistina.

La potenza comunicativa del lavoro di MP5 è nota in Italia e nel mondo. È la sua cifra linguistica, così incisiva e radicale, così perentoria e inaggirabile, così riconoscibile e difficile da dimenticare. La sua pratica non accetta facili definizioni, non pretende iscrizioni a generi e a scuole, piuttosto abbraccia l’idea di un linguaggio aperto ed inclusivo che con dolcezza e raffinata poesia rifiuta compromessi e addomesticamenti. Un linguaggio di sofisticata cultura visiva che raggiunge il cuore e fa comunità, parla alle moltitudine e mette in scena la sensualità dell’intimità, l’erotismo della differenza esibita con naturalezza e senza pudore.  

La Terza Dimensione è un’opera unica suddivisa in due sezioni. La prima è una sequenza di figure dipinte rigorosamente in bianco e nero che occupano con una certa solennità le pareti circostanti il chiostro delle ex-Leopoldine, dall’alto in basso. Presentate in piedi e frontalmente una a fianco dell’altra, sembrano sospese e solenni in una sorta di limbo spaziale e temporale.

La struttura è paratattica ed è simile a quella dei fregi e delle composizioni classiche o medievali, come nella Teoria di Profeti, Vergini e Martiri nei mosaici di Sant’Apolinnare Nuovo a Ravenna.  Come nelle opere antiche, ognuna di queste figure sembra abitare perfettamente lo spazio che le è stato assegnato, cogliendo appieno la sacralità del luogo, nei secoli dedicato alla lettura e alla preghiera, esaltando la soggettività nel suo essere una moltitudine fluida. 

Nel loggiato al piano superiore, la struttura paratattica lascia il posto a una coreografia a nastro intrecciato di figure legate le une con le altre che si sfiorano, si abbracciano, si baciano. Uno srotolarsi di desideri e di affettività senza interruzione, dove tutto è espresso in pienezza, con dolcezza e sincerità senza limitazioni, vergogna, imposizione.   

Per maggiori informazioni: www.museonovecento.it

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