Pietre d'inciampo - Piazza Santo Spirito 9

Qui abitava Rudolf Levy

Rudolf Levy, pittore tedesco di chiara fama, fu arrestato a Firenze, qui in Piazza S. Spirito, il 12 dicembre 1943 e deportato con il convoglio del 30 gennaio 1944 dal carcere di San Vittore di Milano ad Auschwitz, da dove non fece più ritorno.

Era nato a Stettino nel 1875. Dopo aver frequentato scuole d’arte a Karlsruhe e a Monaco di Baviera, si stabilì per oltre dieci anni a Parigi, dove fece parte del gruppo degli artisti del Café Du Dôme e della cerchia di Henri Matisse, a cui la sua opera si ispirava. Negli anni Venti del XX secolo risedette prevalentemente a Berlino, dove era un membro del movimento della Secessione. Ebbe notevole successo in mostre personali e collettive a Berlino e in altre città tedesche. Dopo l’avvento al potere dei nazisti, nella primavera del 1933, fu costretto ad emigrare. Le tappe del suo girovagare furono Nizza, Rapallo, Maiorca, New York, dove però non riuscì ad ambientarsi, l’isola Šipanska Luka di fronte alla costa dalmata e, a partire dal 1938, Ischia.

Essendo colpito dal Regio Decreto Legge del 7 settembre 1938 che minacciava gli ebrei stranieri di espulsione se non avessero abbandonato l’Italia entro sei mesi, Rudolf Levy tentò invano di ottenere un visto per paesi come il Cile, l’Ecuador e il Brasile. Gli fu concessa più volte una proroga di soggiorno, ma dovette spostarsi a Firenze, perché a Ischia, dichiarata zona di interesse militare, non fu più consentito il soggiorno agli stranieri. All’entrata in guerra dell’Italia fu esentato dall’internamento nei campi perché aveva già superato l’età di 60 anni.

A Firenze abitava nella Pensione Bandini in Piazza Santo Spirito assieme ad altri artisti e intellettuali tedeschi avversi al nazismo: i pittori Eduard Bargheer, Kurt Craemer, Karli Sohn-Rethel e Heinrich Steiner e lo scrittore Herbert Schlüter. Dei circa trecento dipinti a olio che si conoscono di lui, oltre sessanta sono nati durante il suo soggiorno di tre anni a Firenze. I soggetti preferiti erano nature morte, ritratti e vedute della città. Durante l’occupazione tedesca si nascose in una torre in Borgo S. Jacopo, ma spesso tornava alla Pensione Bandini per dipingere nella sua camera. Fu così imprudente da presentarsi ad un appuntamento fissato alla pensione con due presunti collezionisti d’arte, in realtà uomini della Gestapo in abiti civili, che lo arrestarono e portarono nel carcere delle Murate. 

Il suo ultimo segno di vita è una lettera inviata a Elena Bandini nella quale scrive: “Avete saputo già la disgrazia che mi è capitata. Sono in prigione alle Murate da più di una settimana. Dio solo sa quando potrò uscire. È duro per un uomo di 68 anni che non ha mai fatto male a nessuno trovarsi in questa situazione. Pazienza...”

Della vicenda di Rudolf Levy si è occupato a lungo lo storico berlinese Klaus Voigt, esperto dell’esilio in Italia e membro del Comitato scientifico della Fondazione Museo della Deportazione e Resistenza di Prato. Fu proprio lui a chiedere una pietra d’inciampo per questo sfortunato artista di cui poco si era saputo a Firenze, dopo che non era riuscito ad ottenere una targa sulla facciata del palazzo. Klaus Voigt, insieme al Museo della Deportazione, aveva ottenuto dal Direttore degli Uffizi Eike Schmidt, che accolse volentieri la proposta, che fosse organizzata una mostra in sua memoria. L’inaugurazione è prevista a Palazzo Pitti nel gennaio del 2023. Purtroppo, Klaus Voigt non potrà vederla realizzata, perché mancato a Berlino il 21 settembre del 2021.

Fonti
Liliana Picciotto, Il Libro della memoria. Gli Ebrei deportati dall’Italia 1943-1945, Mursia, Milano 2002
Klaus Voigt, Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, 2 voll., La Nuova Italia, Firenze 1993 e 1996
Klaus Voigt, Artisti, scrittori e studiosi tedeschi in esilio in Toscana, edito a cura del Comune di Firenze, 2004
Susanne Thesing, Rudolf Levy.Leben und Werk, Verlag für moderne Kunst, Nürnberg 1990

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