Qui abitava Goffredo Paggi

Al primo e al secondo piano di questi due palazzi nel 1943, c’erano gli uffici del consorzio di bonifica della piana di sesto fiorentino. Sono due edifici in apparenza separati, che almeno fino agli anni ’80, si collegavano interamente con più di un accesso. Goffredo Paggi lavorava qui, dal 1942 quando il fascismo aveva precettato gli ebrei. E almeno una trentina di fiorentini erano stati costretti a zappare nei campi per realizzare canali di irrigazione per le campagne.
Lui però era minuto. Per un mese scava buche, all’Osmannoro, poi siccome era un bravo ragioniere lo spostano qui in amministrazione. Fino alla fine di ottobre 1943, Goffredo Paggi aveva continuato a lavorare anche in via delle Oche dove era capo contabile da diversi anni, nella ditta di Leone Camerino, parente di origini pitiglianesi come lui. Dopo l’8 settembre 1943 per gli ebrei italiani cambia tutto. In molti fuggiranno. Goffredo Paggi esplora la possibilità di tornare a Pitigliano, la famiglia insiste perché lasci Firenze e si nasconda nelle campagne con loro. Goffredo però è incerto. Sembrava che non avesse la percezione del pericolo mentre i nazisti avevano occupato la città già dal 12 settembre. E decide di restare a Firenze. Due-tre i motivi che sono riuscita a ricostruire e ipotizzare di questa sua decisione pericolosa:
- Era innamorato di Anna Caterina Dini una giovane pratese non ebrea, che aveva conosciuto nella primavera del 1943 che frequentava regolarmente.
- Nella sede del consorzio si sentiva protetto. Dirlo oggi che siamo a posare una pietra d’inciampo proprio dove fu arrestato può sembrare un controsenso. Con lui lavoravano altri due contabili Fosco Fantechi che si rivelerà essere membro della resistenza e Alessandro Benucci, un napoletano arrivato a Firenze l’anno prima, e addetto alle paghe degli ebrei, che invece sarà processato nel 1945 con l’accusa di avere denunciato e fatto arrestare Goffredo Paggi.
- Iil terzo motivo che resta un’ipotesi sul perché Paggi si trovasse ancora a Firenze ad autunno inoltrato potrebbe essere economico: gli serviva lo stipendio pur misero che il consorzio pagava ai lavoratori coatti. Senza soldi era difficile riuscire a campare. Il negozio di Leone Camerino dove era ragioniere, era stato requisito dal fascista Giovanni Martelloni. E lo stesso Camerino deportato il 6 novembre 1943.
Così il Consorzio per Goffredo Paggi è un luogo che sente sicuro. Quantomeno l’unico. Anche perché il direttore Livio Zoli è fratello dell’antifascista democristiano Adone, e c’è Fosco Fantechi che gli permette di dormire in ufficio la notte. Paggi non è l’unico a dormire qui. C’era anche la segretaria dell’avvocato Enrico Bocci. Resistente del partito d’azione e a capo del gruppo radio CoRa, la radio clandestina che trasmetteva agli alleati. La prima trasmissione pensate fu fatta proprio da qui sulla torretta in cima al numero 26. Bocci sarà torturato e ucciso a giugno del 1944 e il suo corpo mai più ritrovato.
Io credo che Goffredo Paggi non sapesse di quanto accadeva intorno a lui e nel portone accanto.
Il 1° dicembre la sorella Efsiba arriva da Pitigliano tentando inutilmente di convincerlo a partire con lei per nascondersi, ma tornerà a casa sola. Ed è rimasto solo anche lui e in serio pericolo. Perché il 30 novembre con una ordinanza di polizia la numero 5 i repubblichini avevano ordinato che tutti gli ebrei presenti sul suolo italiano venissero arrestati e deportati. La fidanzata Anna Caterina non ha dove nasconderlo. L’amico Alessandro Smulevich che aveva lavorato con lui fianco a fianco per un anno da Leone Camerino era già nascosto in montagna e l’altra cara amica Lia Sara Millul era stata catturata il 26 novembre nel convento delle suore in piazza del Carmine e deportata.
Il 7 dicembre alle sei e mezzo della sera Goffredo Paggi ha finito di lavorare e si appresta a uscire. Abitualmente dal portone del numero 24 perché dalla sua stanza è l’uscita più comoda. Saluta Fosco Fantechi che è ancora in ufficio e Il collega Benucci gli chiede di aspettarlo, deve fare una commissione e uscirà con lui. Benucci fa per prendere le scale che portano all’altro portone del numero 26, ma Goffredo è abituato alla strada più breve dalla sua scrivania. Benucci insiste, poi escono insieme dal civico 24.
Benucci lo saluta sulla soglia “Ciao Paggi!” e si allontana. Goffredo non può, lo stanno aspettando due agenti del commissariato Santa Croce diretto dal Commissario Franco Barone.
Goffredo Paggi è partito dalla stazione centrale di Milano il 30 gennaio del 1944 per Auschwitz. Su quel convoglio tanti altri pitiglianesi e fiorentini e la senatrice a vita Liliana Segre.
È stato ucciso ad Auschwitz il 30 aprile 1944.
Alessandro Benucci sarà assolto per non avere commesso il fatto.
Il commissario Franco Barone non sarà mai processato per quell’arresto e uscirà indenne da un’altra brutta storia, accusato e prosciolto per avere fatto deportare 5 operai in sciopero che moriranno a Mauthausen. Farà carriera diventando questore e otterrà due onorificenze dell’Italia Repubblicana che oggi mi chiedo, sarebbe il caso di revocare.
Eppure, 80 anni dopo quegli eventi siamo qui insieme a testimoniare che il nazismo e il fascismo collaboratore non hanno vinto.
Voglio ringraziare il Comitato per le pietre d’inciampo di Firenze e le persone che mi hanno aiutata a ritrovare la vita di Goffredo Paggi, che è il valore della memoria.
Naturalmente la sua famiglia più stretta, nipoti e pronipoti (…)
Elena e Marco, che vivono qui e che hanno aperto le porte e i ricordi per ritrovare i luoghi di quell’arresto.
Daniele Vergari e Marco Bottino del Consorzio di bonifica del Medio Valdarno, erede di quello di sesto fiorentino.
Roberto Visconti, figlio di Anna Caterina Dini, la fidanzata di Goffredo Paggi, che ha conservato tutta la vita sul comodino della camera da letto la fotografia del giovane amore non ancora trentenne. Quella foto Roberto Visconti l’ha donata al Museo della deportazione di Prato con la ciocca di capelli rossi dell’amica Lia Sara Millul.
Ermanno Smulevich figlio di Alessandro con cui Goffredo ha condiviso giornate di lavoro e di svago. Che ha condiviso con me il diario del padre di quel terribile anno.
E Roberto e Anna Benucci, pronipoti di Alessandro Benucci, il presunto delatore. Anna arriva dalla Sicilia e Roberto dalla contea di Sarasota in Florida hanno desiderato da subito essere qui oggi.
Da quando ci siamo conosciuti siamo diventati amici fraterni.
Il 27 gennaio si celebrerà la Giornata della Memoria, che dopo la strage del 7 ottobre 2023 in Israele a opera dei terroristi di Hamas, forse non sarà più la stessa. Ecco allora che si rende necessario a noi che siamo in Europa, fare altri passi contro il razzismo, l’odio, la sopraffazione. Perché la memoria si coltiva con la conoscenza e la cultura, con la condivisione, antidoto a ogni orrore.
Vera Poggi (pronipote di Goffredo Paggi)
***
Buongiorno. Innanzitutto, un saluto a tutte l'autorità presenti, alla comunità ebraica fiorentina tutta e alla grande famiglia Paggi, che credo con oggi chiuda una vicenda vedendo resa memoria e dignità a Goffredo. Non è senza emozione che parlo davanti a questo luogo che fu crocevia, nel bene e nel male, della vicenda umana di Goffredo.
In questa, che fu la sede del Consorzio di bonifica della Piana di Sesto, stanno le nostre radici e la nostra storia, una storia che dura oramai da cento anni.
A noi il dovere di prendere il testimone della salvaguardia idraulica di quei territori, ma anche di essere eredi di chi ebbe coraggio in quei drammatici momenti, nei quali il coraggio spesso voleva dire rischiare la propria vita e quella dei propri cari. Un grazie infine a Vera Paggi, per il suo certosino lavoro di ricerca, a Daniele Vergari che di questa vicenda, insieme alla Professoressa Galimi è stato scopritore, e all'erede di uno dei "cattivi" di questa storia, che è venuto fin dagli Stati Uniti a testimoniare una non facile condanna per chi fu protagonista della deportazione e della morte di Goffredo Paggi. Un ultimo pensiero a Goffredo, la cui memoria resuscitata è la testimonianza che nel libro degli orrori perpetrati dal nazifascismo vi siano ancora molte pagine da scrivere. Specialmente in Italia, un paese che con la propria storia non ha ancora fatto né i conti né la pace.
Marco Bottino (Presidente consorzio di bonifica del Medio Valdarno)
***
Caro Goffredo Paggi, oggi sono certo che tutti quelli che ti hanno conosciuto ti ricorderanno come un vero uomo, la tua famiglia come uno zio esemplare, gli amici come il migliore amico che si possa mai sognare di avere.
Una persona come te ha vinto il cielo, e da lì ci guardi con un sorriso di pace. Il tuo senso del dovere e il tuo coraggio ci incoraggiano ad andare avanti con la nostra vita e a superare le barriere che ci sono state poste sul cammino.
Appartengo alla parte brutta della storia di Goffredo, ma per me è un onore essere venuto a commemorare la posa di questa pietra in un gesto di remissione di tutto ciò che è accaduto in passato.
Roberto Benucci (pronipote di Alessandro Benucci)