Qui abitava Enrica Calabresi

Per parlare di Enrica Calabresi non bisogna partire dall'epilogo, ma da ciò che ha fatto e anche da quello che avrebbe potuto fare, se solo le fosse stato consentito.
Figura straordinaria, in effetti. Nata nel 1891 da una famiglia della buona borghesia ebraica di Ferrara, dopo il liceo Enrica decise di proseguire gli studi, scegliendo scienze naturali a Firenze. E questo è molto più di un dettaglio: perché è davvero difficile pensare che a inizio Novecento una ragazza potesse scegliere di lasciare la famiglia, trasferirsi in un'altra città, iscriversi all'università e addirittura frequentare una facoltà scientifica.
Prima ancora di completare gli studi fu assunta come assistente all'università: con le sue capacità e il suo entusiasmo, aveva convinto tutti. Non passò molto tempo prima che anche all'estero università e laboratori scientifici si accorgessero di questa giovane scienziata italiana che peraltro se la cavava benissimo con le lingue straniere.
Il primo grande dolore le piombò addosso con la Grande Guerra, che le portò via il fidanzato, quel Giovanni Battista De Gasperi che nella sua breve vita era riuscito anche ad accompagnare Alberto Maria De Agostini nelle sue esplorazioni nella Terra del Fuoco. La loro in effetti è una storia di talenti dissipati.
Il secondo grande dolore fu quando dovette abbandonare una prima volta l'università, lei che dopo aver perso il suo grande amore viveva solo per la ricerca e l'insegnamento. Dimissioni per motivi di salute, scrisse al rettore. In realtà il suo posto era ambito da un personaggio particolarmente caro al regime fascista. Uno scontro senza storia se a giocarla era una donna, per di più non iscritta al partito.
Ma era una persona tenace, Enrica. Forte dei suoi titoli si conquistò una cattedra al liceo e anche un altro insegnamento universitario, questa volta a Pisa. Chissà dove sarebbe arrivata se tra lei e i suoi sogni di scienziata non si fossero messi di mezzo le leggi razziali.
Al liceo tra i suoi allievi c'era anche Margherita Hack. Un giorno scriverà che fu proprio la sparizione della sua insegnante ad aprirle gli occhi.
Negli anni che le resteranno Enrica Calabresi animerà a Firenze una splendida scuola che solo insegnanti e studenti riconosceranno come tale. La scuola degli esclusi dalle leggi razziali, proprio accanto alla sinagoga. In realtà solo una stanza dove ci si preparava all'esame da privatisti, l'unica occasione per un ragazzo ebreo di varcare il portone della scuola pubblica.
A questa scuola Enrica dedicherà tutta sé stessa. E ancora mi sembra di vederla, non più al lavoro ai laboratori della Specola, ma comunque contenta del suo lavoro, determinata a fare il possibile per dare una possibilità di futuro, attraverso l'insegnamento, a tanti ragazzi.
L'attaccamento a questa scuola fu probabilmente anche ciò che ne decise la sorte. Dopo l'8 settembre Enrica lasciò Castel San Pietro e i suoi familiari per tornare a Firenze, di fatto sulla scia delle forze nazifasciste. Là era il suo lavoro, disse ai suoi, là erano i suoi allievi.
Sapeva a cosa potesse andare incontro. Si era procurata una fiala di veleno, che teneva nella borsetta. A Firenze non provò nemmeno a nascondersi e a chiedere aiuto.
Sapeva di non avere scampo, ma volle essere lei a decidere. Nel carcere femminile di Santa Verdiana adoperò quel veleno alla vigilia della partenza per Auschwitz, la notte tra il 19 e il 20 gennaio del 1944.
Firenze si sarebbe ricordata la sua storia solo diversi anni più tardi, grazie agli sforzi di una ricercatrice che, studiando i suoi stessi insetti, si interrogò sulla calligrafia femminile di alcune osservazioni: cosa ci faceva una donna, all'università, in quegli anni? Una curiosità, più che altro, da cui sono discese molte cose, compreso il mio libro.
Oggi Roma, Ferrara, Pisa hanno strade intitolate a Enrica Calabresi. La Specola di Firenze la ricorda con una targa all'ingresso. Enrica non è solo il nome conservato nei cuori di quella famiglia di Castel San Pietro, tra vigneti che sembrano escludere l'idea stessa dell'orrore che si è consumato. Enrica finalmente è una storia che parla ai cuori di molti.
(Paolo Ciampi)