Qui abitava Daria Mondolfi
Daria Mondolfi, nata a Firenze il 17 gennaio 1867, figlia di David Mondolfi e Livia Castelli, era sorella di Piero Mondolfi, padre di mia madre Albana, e quindi per tutti era la zia Daria.
Aveva spostato il medico militare Fortunato Bauer e aveva avuto un unico figlio: Bruno. Questi, come tanti altri ebrei, per dimostrare il suo attaccamento alla patria e al suo re (quello che poi avrebbe firmato le infami legge razziali), era andato volontario nella Grande Guerra, ed era morto poco più che ventenne. Fortunato Bauer, quando la caccia agli ebrei continuava alacremente da parte dei nazifascisti, era morto di crepacuore il 20 marzo 1944. La zia Daria, forse pensando che avendo dato un figlio alla patria ed essendo poi una vecchia signora di 77 anni non sarebbe stata portata in un “campo di lavoro”, come si diceva allora, era rimasta nella sua casa, qui. Ma il 6 aprile fu anche lei arrestata, inviata nel campo di raccolta di Fossoli e con il convoglio del 16 maggio spedita ad Auschwitz dove arrivò il 23, dopo ben 7 giorni in un carro bestiame. Sarà stata sicuramente eliminata al suo arrivo, se non era già morta sul treno come tanti vecchi.
Mio fratello Guidobaldo, nato nel 1939, avrebbe potuto dire di più perché se la ricordava, anche se vagamente, perché era stato portato dalla mamma a farle visita qui. Purtroppo, pochi mesi fa se ne è andato. Io, ovviamente, di lei so soltanto il nome oltre ad aver visto in casa il ritratto del figlio Bruno eseguito prima che partisse per la guerra.
Ora, grazie a questa pietra d’inciampo, tutti i distratti passanti sapranno che qui visse.
Ciao, zia Daria, e zikhronà livrakhà, che il tuo ricordo sia di benedizione.
(Daniel Vogelmann, figlio di Albana Mondolfi)
In aggiunta a quanto detto da Daniel posso raccontare alcuni ricordi che mi ha trasmesso mia madre Fausta Forti, oggi novantenne. Fausta è la più giovane dei figli di Gustavo Forti, figlio a sua volta di Fanny Bauer, sorella di Fortunato.
Quando la famiglia di Gustavo, che si era trasferita a Milano da Bologna in seguito al licenziamento del nonno dalla Montecatini per le leggi razziali del 38, andava a trovare i nonni a Firenze, una tappa d’obbligo era andare a trovare la zia Daria e la sorella Amelia.
Nei suoi ricordi di bambina sono ancora molto presenti perché erano dolci e affettuose, se ne ricorda più ancora di sua nonna Fanny.
Una donna dolce e invalida, che l’inumanità degli assassini, come risulta dall’Archivio del Comunità di Firenze, per essere deportata fu fatta calare dalla finestra su una sedia.
(Marco Fiorentino, figlio di Fausta Forti Fiorentino)