Dal 2 ottobre a Palazzo Medici Riccardi la mostra di Clemen Parrocchetti, autrice del Novecento che ha indagato la complessità della sfera femminile
La mostra, promossa dalla Città Metropolitana di Firenze, nasce da un progetto del Museo Novecento ed è organizzata dalla Fondazione MUS.E in collaborazione con l’Archivio Clemen Parrocchetti, si tratta della prima ampia esposizione all’interno di un’istituzione museale italiana e intende raccontare al pubblico un’artista ancora poco conosciuta, vicina al movimento femminista italiano e autrice di un linguaggio originale, provocatorio e autentico.
Ironia Ribelle, a cura di Marco Scotini e Stefania Rispoli, con la direzione artistica di Sergio Risaliti, in programma dal 2 ottobre 2025 al 6 gennaio 2026, riunisce oltre cento opere tra dipinti, disegni, sculture, arazzi, documenti e materiali d’archivio e restituisce la figura di un’artista anticonformista, che ha saputo unire ricerca estetica e militanza politica.
Il percorso si apre con la serie Amore e divorazione, presentata per la prima volta nel 1969, in cui l’artista mette in scena un’esplosione di corpi scomposti, mascheroni grotteschi, bocche e vagine coloratissime. Queste tele segnano la rottura con la pittura più cupa degli esordi e traducono la carica contestataria del Sessantotto in un linguaggio pittorico esuberante e provocatorio, definito in quegli anni da Dino Buzzati come un intreccio di pop art, sesso, sadismo e carnevali popolari.
A seguire, la serie dei Trofei solari introduce un vocabolario più astratto e festoso, ma ancora attraversato da tensioni tra gioco e violenza: all’inizio degli anni Settanta Clemen Parrocchetti non abbandona la pittura ma, in un certo senso, alleggerisce i toni del suo espressionismo. In questo contesto si colloca anche l’opera-manifesto Promemoria per un oggetto di cultura femminile (1973), che segna l’avvicinamento al Movimento di Liberazione della Donna e trasforma il cucito, simbolo del lavoro domestico femminile, in strumento di lotta e autocoscienza.
La sezione centrale della mostra è dedicata agli “oggetti di cultura femminile”, opere ready-made concepite come anti-trofei della domesticità. Aghi, rocchetti, spole, bambole, utensili da cucina e siringhe diventano, nelle mani dell’artista, strumenti di denuncia contro la subordinazione della donna e la violenza patriarcale. Queste opere, esposte per la prima volta a Milano nel 1975 e a Pavia l’anno successivo, dialogano con il pensiero marxista femminista di Silvia Federici, Leopoldina Fortunati e Mariarosa Dalla Costa e con le battaglie del collettivo Wages for Housework, trasformando la casa in un campo di lotta politica. Per la prima volta, a distanza di oltre cinquant’anni, la mostra fiorentina le raccoglie di nuovo tutte insieme.
Un’ampia sezione in mostra è dedicata in particolare al 1978, anno cruciale in cui Parrocchetti entra nel Gruppo Immagine di Varese, accanto a Silvia Cibaldi, Milli Gandini, Mariuccia Secol e Mariagrazia Sironi. Con loro partecipa al convegno Donna Arte e Società, da cui nasce il documento collettivo Vogliamo, Vo(g)liamo, e alla Biennale di Venezia, dove presenta uno dei suoi primi arazzi nell’ambito di un environment collettivo. In mostra compaiono lavori come Macchina delle frustrazioni (1975), Metamorfosi di una processione (1978), Sveglia!! È ora (1978), e Macchina delle frustrazioni (1975), legata al tema dell’aborto, che testimoniano la volontà di risveglio e azione sociale attraverso l’arte.
Alla fine degli anni Settanta le opere di Parrocchetti iniziano a occupare lo spazio in modo nuovo e fanno uso di materiali diversi, come la juta. Nascono i primi arazzi e le installazioni, tra cui BARRIERE, una serie di triangoli rovesciati e attraversabili, che suggeriscono un’idea di passaggio e superamento. L’anatomia del corpo femminile rimane il fulcro delle sue composizioni allusive, che mirano a criticare lo sguardo oggettivante sulla donna ma anche a rappresentarla nel pieno delle sue potenzialità creative ed erotiche.
Il percorso prosegue con le opere degli anni Ottanta e Novanta, tra cui arazzi, installazioni e lavori su carta cucita che assumono la forma di diari visivi in cui confluiscono testi, poesie, frammenti autobiografici e materiali leggeri come tulle, paillettes e organza, in un gioco ironico con l’estetica della moda e della frivolezza femminile. In questi lavori l’arte diventa spazio di autocoscienza e di liberazione, ma anche esorcizzazione di traumi personali e collettivi. Non mancano autoritratti, come l’opera Io Micol, in cui l’artista si raffigura insieme al suo cane, suggerendo un’identità aperta e non gerarchica tra essere umano e animale.
Inoltre, tutti i sabati e le domeniche alle ore 15, sarà possibile prendere parte alle visite guidate per giovani e adulti (prenotazioni allo 055-276 0552 o info@palazzomediciriccardi.it) che consentono di esplorare un’ampia selezione di opere tra dipinti, disegni, sculture e arazzi, ripercorrendo le tappe salienti del lungo percorso artistico di Clemen Parrocchetti, con un focus sui lavori realizzati dopo il ’68, in anni animati da lotte e rivendicazioni sociali in favore di un risveglio delle coscienze.