Un breve percorso virtuale alla scoperta del complesso delle Oblate tra cenni di storia, arte e architettura.
Il complesso edilizio delle Oblate costituì il primo nucleo del più importante ospedale fiorentino, fondato fra il 1285 e il 1288 da Folco Portinari padre della celebre Beatrice dantesca.
Secondo la narrazione storica Portinari fu ispirato dai consigli della sua nutrice, Monna Tessa, tanto sensibile all’assistenza e alla cura dei malati da fondare una comunità di donne infermiere che presero il nome di Oblate (il termine “oblata” deriva dal latino, e significa letteralmente “colei che si è offerta”, ossia che ha offerto la propria vita all'opera di assistenza altrui) e svolsero attività infermieristica e di assistenza nel nuovo spedale fino dalla sua edificazione. Le Oblate erano dedite all'assistenza delle malate e ad una serie di attività necessarie a tutto l'ospedale, quale essenzialmente la cura della biancheria, dalla tessitura alla lavatura, e la preparazione del cibo.
Le Oblate però sorsero come congregazione laica senza obbligo di voti: le adepte cioè facevano una scelta di vita monacale con un regime di semi-clausura, ma senza prendere i voti, mantenendo dunque la possibilità di abbandonare la congregazione qualora lo avessero voluto. Fu soltanto nel secondo dopoguerra, in seguito a un riordino generale all'interno della Chiesa Cattolica delle numerose congreghe di questo tipo, che le Oblate divennero un ordine religioso vero e proprio, le cui suore erano e sono tuttora infermiere a tutti gli effetti, dislocate nei vari ospedali fiorentini e attive nelle missioni, soprattutto nell'area delle Filippine. Le Oblate rimasero qui, nella sede originaria, fino al 1936. Poiché dunque esse, per tutto il tempo che vissero qui, non erano un ordine religioso vero e proprio, ma una congregazione laica, la loro sede era propriamente detta “conservatorio” piuttosto che “convento”, e tale denominazione troviamo usata generalmente nei documenti antichi.
Il complesso, formatosi dall’accorpamento e della riutilizzazione di edifici già esistenti, comprendeva anche una chiesa intitolata a Santa Maria in Campo, entro cui fu costruita una struttura destinata al ricovero e alla cura delle donne, confinante con via delle Pappe, l’attuale via Folco Portinari.
La cura degli uomini era invece ospitata in un secondo nucleo edilizio, sul lato opposto di un area antistante al primo, identificabile con il piazzale delimitato dall’attuale Via Sant’Egidio. Questo secondo edificio fu intitolato a Santa Maria Nuova, per sottolinearne il legame col primo spedale, di cui aveva costituito il completamento.
I due diversi nuclei di cura erano uniti da un passaggio sotterraneo ad uso delle donne infermiere, inaugurato la notte di Natale del 1625. Il complesso edilizio delle Oblate si articola intorno a due spazi aperti principali: il cortile trecentesco ed il giardino della metà del Quattrocento.
Il nucleo trecentesco è contraddistinto dal chiostro, la cui caratteristica architettonica peculiare sono i tre ordini di loggiato in cui si sviluppa, dei quali quello del piano terra è certamente originario del 1329 e presenta pilastri in pietra forte dai capitelli scudati, raro esempio dell’architettura dell’epoca. Il porticato, che abbraccia su due lati il giardino su via dell’Oriuolo, è invece sorretto da colonne con capitello ionico in pietra serena di chiara impronta rinascimentale.
Lo spedale di Santa Maria Nuova conserva tutt’oggi la sua destinazione originaria, per mantenere la quale è stato oggetto di ristrutturazioni. Dal 1924 il reparto di cura del primo, antico nucleo ospedaliero, gestito dalle Oblate Ospedaliere del Terzo Ordine Francescano, fu invece trasferito nel convento di Careggi. La comunità di pie donne operante nel nuovo ospedale divenne ordine religioso col nome di Oblate Ospedaliere Francescane di Monna Tessa soltanto nel 1952.
Il complesso architettonico delle Oblate, rimasto libero, fu acquistato nel 1936 dal Comune di Firenze che lo restaurò, vi trasferì la Biblioteca Comunale fino ad allora in Palazzo Vecchio, e vi collocò oltre prestigiose istituzioni storiche e scientifiche, trasformandolo in un importante punto di riferimento per la vita culturale cittadina, vocazione che tutt’ora lo contraddistingue.
Il 4 novembre 1966 l’Arno invase i locali delle Oblate per più di un metro di altezza. Il personale della biblioteca, come tanti fiorentini in quei giorni, si mise subito all’opera riuscendo a salvare dal fango gran parte del materiale. Le due terrazze coperte al secondo piano, gli antichi stenditoi delle suore Oblate, servirono per far asciugare carte archivistiche e libri di pregio, ma tanti portano ancora il segno di quella tragedia.
Il chiostro che oggi costituisce l'ingresso alla Biblioteca e all'intero complesso delle Oblate è di origine quattro/cinquecentesco.
La forma irregolare e il loggiato solo sui due lati interni, (quelli esterni erano occupati da alti muri che dovevano preservare la clausura delle Oblate), fanno pensare ad un adattamento del chiostro (detto anche "dell'orto") allo spazio rimasto a disposizione. Questo ampliamento segna la conclusione della costruzione del conservatorio, almeno nelle sue strutture portanti esterne, che sono rimaste praticamente intatte fino ai nostri giorni.
La fotografia in allegato fa parte della raccolta "Fototeca Musei Comunali" / serie "Museo storico topografico Firenze com'era" e la scheda è consultabile sul sito degli Archivi digitali dei Musei Civici Fiorentini. L'auotore della foto è anonimo.
La Sala accoglienza della Biblioteca, inaugurata nel giugno del 2015, è impreziosita dall'affresco restaurato e in origine ubicato nella lunetta della Porta a Prato.
L'affresco cinquecentesco raffigurante la Madonna con il Bambino tra i santi Giovanni e Cosimo, è attribuito a Michele di Ridolfo del Ghirlandaio.
In futuro l'idea è di collocare nella Sala conferenze Sibilla Aleramo, posta a fianco della Sala accoglienza, anche gli altri affreschi che sono all’interno delle porte storiche della Città, una volta recuperati.
La fotografia in allegato fa parte della raccolta "Fototeca Musei Comunali" / serie "Belle Arti".
La parte architettonica di maggior interesse storico-artistico dell'intero complesso delle Oblate è senza dubbio il chiostro trecentesco.
Tale interesse è dovuto a due motivi principali: l’antichità del primo livello, con capitelli a forma di scudo, di cui rimangono pochi altri esemplari e la peculiarità, piuttosto rara a Firenze, di uno svolgimento su tre livelli.
Sappiamo dai documenti d’archivio che il primo livello del chiostro fu terminato nel 1329 e questa data è confermata anche dai pilastri del piano terreno databili ai primi decenni del XIV secolo, mentre i sostegni dei terrazzi sono posteriori, a dimostrazione che i piani superiori furono costruiti in momenti successivi senza un progetto a priori.
Il chiostro oggi ha tre livelli su tutti e quattro i lati, con cinque pilastri per lato al primo livello, quattro colonnine con pilastro angolare per lato al secondo livello, mentre al terzo livello compaiono cinque colonne per lato sui lati nord e ovest e sette pilastri per lato sui lati sud e est. Tutti i lati hanno uguale lunghezza. Anche i pilastri sono tutti uguali, tranne i quattro angolari leggermente più grandi, e di forma ottagonale.
La fotografia in allegato fa parte della raccolta "Fototeca Musei Comunali" / serie "Museo storico topografico Firenze com'era".
La sala che oggi costituisce l'emeroteca della Biblioteca delle Oblate, dedicata alla consultazione di quotidiani e riviste, un tempo erano i lavatoi della biancheria dell’ospedale. Ancora oggi rimangono le grandi vasche rettangolari in pietra serena dove si lavavano i panni.
La fotografia in basso (in allegato) ritrae l'attuale emeroteca della Biblioteca, inaugurata nell'ottobre del 2013 ed intitolata a Joyce Lussu.
La fotografia in alto (1937) e quella al centro (1972) (in allegato) fanno parte della raccolta "Fototeca Musei Comunali" / serie "Museo storico topografico Firenze com'era" .
Dal chiostro trecentesco sale una doppia rampa di scale che conduce al secondo livello. Le scale sono coperte da una caratteristica serie di piccole volte quadrate a crociera, e non da un’unica volta a botte che fanno pensare che la scala,e conseguentemente il lato del secondo livello cui conduce, è antecedente al 1420.
Il secondo livello del loggiato presenta un cornicione che si sviluppa lungo tutto il perimetro del chiostro, al di sopra delle arcate del secondo livello: questo “cornicione” in realtà è costituito da una serie di tegole che sporgono dal muro, come tracce dell’originaria copertura a tettoia del loggiato del primo piano.
Al primo piano: tutti gli ambienti circostanti al chiostro erano occupati dalle celle delle Oblate, una per ogni Oblata: i divisori interni tra cella e cella sono ormai stati smantellati, e rimangono solo grandi e lunghi ambienti occupati dalla Sezione Contemporanea della Biblioteca, da uffici, dal Museo di Preistoria e da alcuni locali dell'Università di Firenze.
La fotografie in allegato fanno parte della raccolta "Fototeca Musei Comunali" / serie "Museo storico topografico Firenze com'era" e la schede sono consultabili sul sito degli Archivi digitali dei Musei Civici Fiorentini.
Un’unica rampa di scale conduce all’ultimo piano della Biblioteca delle Oblate, esattamente alla terrazza coperta (altana), da dove si può ammirare un meraviglioso panorama sulla cupola del Duomo, i chiostri, le terrazze e il giardino.
Tutto questo piano ha una configurazione particolare: due lati si sviluppano come i sottostanti e sono occupati sia da ambienti chiusi da muri e coperti dal soffitto sia dal loggiato, gli altri due lati invece si snodano in un lungo ambiente coperto, a capriate lignee che probabilmente sin dalle origine dovevano coprire quell'ambiente. Qui i pilastri laterali sono sette per lato sui lati interni e nove per lato sui lati esterni; la griglia di manufatti in cotto che poggia sul muretto tra pilastro e pilastro arriva a circa due metri, e serviva probabilmente a riparare dal vento.
Ci troviamo infatti negli “stenditoi” dove le Oblate portavano ad asciugare al sole i panni dell’ospedale. I locali annessi fungevano da deposito, sempre di
biancheria.
Una menzione particolare merita l’affresco del XV secolo raffigurante un’ “Annunciazione” posto nella sala dove attualmente è collocata la Sezione Scienza e tecnica della Biblioteca.
Nel chiostro e sotto i loggiati del complesso delle Oblate sono visibili alcune sculture realizzate da noti artisti del Novecento.
Fanno parte delle raccolte di arte contemporanea pervenute al Comune di Firenze nel corso degli ultimi quarant’anni, in particolare dopo l’alluvione del 1966. Fin dai giorni quasi immediatamente successivi all’innondazione del 4 novembre, su iniziativa del Comune, che aveva accolto la proposta del critico d’arte Carlo Ludovico Ragghianti, fu promossa una fervida attività di acquisizioni. Furono invitati i maggiori artisti italiani e stranieri allora viventi ad offrire una loro produzione quale segno tangibile di solidarietà verso la città colpita dal disastro e come risarcimento, con opere contemporanee, del patrimonio danneggiato.
Quasi tutte le sculture esposte fanno parte delle donazioni per il Museo internazionale d’arte contemporanea, che avrebbe dovuto accogliere il cospicuo patrimonio artistico che nel frattempo si era venuto a costituire. Fa eccezione la colonna in ceramica sormontata dalla figura di San Giovanni Battista di Arnaldo Miniati, realizzata in ricordo della distruzione del ponte di Santa Trinita.
Le sculture erano visibili nel complesso delle Oblate già dalla metà degli anni Settanta. L’attuale sistemazione, curata dal Servizio Musei Comunali in collaborazione con il Servizio Belle Arti (Comune di Firenze), intende valorizzare questo nucleo di opere del Novecento: significativa testimonianza della ricchezza e della varietà delle raccolte comunali di arte contemporanea.
Nella foto (in allegato) vediamo:
- in alto a sinistra "Scultura n. 4-65" (1965) di Marcello Guasti in bronzo, legno e alluminio
- in basso a sinistra "Ritmo Eroico" (1954) di Berto Lardera, in lamina di ferro e di ottone verniciata
- in basso a destra Maternità (1964) di Antonietta Raphael Mafai, in bronzo