Pietre d'inciampo - Piazza di San Felice 2

Qui abitavano Gilberto Perugia e Laura Perugia Socal

Purtroppo, i nostri ricordi di bisnipoti non sono molti. Quel poco che sappiamo lo vogliamo condividere oggi con voi.
Laura Perugia era nata a Pisa nel 1874. Aveva sposato un ufficiale di carriera, Silvio Socal, e nel 1902 aveva avuto l’unica figlia Renata, nostra nonna. Avevano vissuto per qualche anno a Viareggio, in un villino in Piazza Mazzini. Era una famiglia della borghesia pisana tanto da potersi permettere di far frequentare l’università alla loro figlia, cosa non comune negli anni Venti. Quando nonna Renata si iscrisse alla Facoltà di Chimica e Farmacia la famiglia si trasferì a Firenze, in Piazza Santo Spirito. Conducevano una vita tranquilla, Una volta laureata la nonna trovò lavoro proprio nella farmacia di Santo Spirito; Silvio era andato in pensione con un grado alto – nella guerra del 15-18 era stato nominato tenente colonnello. Laura aveva una vita serena e riservata. Da questo momento in poi le notizie sono poche.

Nonna Renata si era sposata nel 1933 con Ernesto Monacelli, un parrucchiere tra i più importanti di Firenze, tanto da curare le donne della famiglia reale nei suoi soggiorni a Pitti. Si erano trasferiti in Piazza San Felice, dove ora ci troviamo. Nonno Silvio, come lo chiamava la nipote Giovanna, morì probabilmente intorno al 1937-1938. Laura era rimasta sola. Venne raggiunta dal fratello Gilberto ed entrambi si trasferirono a casa di Renata e Ernesto. Le leggi razziali erano già in vigore e il cambio di residenza non fu segnalato, di fatto mettendo in clandestinità i due. Renata ed Ernesto si raccomandavano di limitare la frequentazione di persone diverse dai familiari. Laura non aveva difficoltà a stare in casa. Non sappiamo molto della vita di Gilberto. Non era sposato, era appassionato di musica e suonava il clarinetto, aveva avuto ruoli di rilievo nelle prefetture della provincia di Pisa e aveva molte conoscenze anche alla Prefettura di Firenze dove incontrava tante persone. Al contrario di Laura, Gilberto non riusciva a interrompere i suoi rapporti con le tante conoscenze che aveva. Come molti ebrei era convinto che i suoi servigi allo Stato italiano lo mettessero al sicuro. Fu questo, ci raccontava nonna Renata, il motivo della loro cattura: una spiata- a seguito della quale, una mattina di maggio, si presentarono alla porta di casa i fascisti della banda Carità accompagnati da alcune SS. Furono portati via con violenza e gli furono sottratti i beni personali. Laura fu condotta a Santa Verdiana dove Renata l’andò a cercare, ma non poté vederla anche perché un medico che conosceva le consigliò di non insistere perché avrebbe rischiato anche lei. Tornò dopo qualche giorno, ma Laura non c’era più: era stata deportata nel campo italiano di Fossoli. Di Gilberto non avevano saputo nulla, ma anche lui era stato portato, in tempi diversi, al campo di Fossoli. Il resto è scritto qui, su queste due pietre che ci raccontano, per usare il titolo di un libro di Hannah Arendt, la banalità del male. Quel male sta non solo nell’uccidere due persone di 70 e 60 anni, ma nel portarli a morte attraverso un calvario, su un carro bestiame che viaggiò per sei giorni da Verona a Auschwitz.

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