Pietre d'inciampo - Via Leone Decimo 4

Qui abitavano Enrico, Riccardo e Margherita Dalla Volta

Mi chiamo Valeria Finzi e sono venuta da Milano insieme a mia cognata Terry Romagnoli Finzi per partecipare a questo evento che ho tanto desiderato e che ho aspettato da due anni per ricordare questa parte di famiglia che ci è stata tolta di cui rimangono solo alcune foto, lettere e pochi documenti per delle vite spezzate.
Avrei amato che fosse presente tutta la mia famiglia, soprattutto la parte giovane che va dai 5 ai 50 anni, perché ritengo che l’educazione alla memoria debba venire esercitata lungo tutta la nostra vita, per non dire invano: “per non dimenticare!”.
I tre componenti della famiglia Dalla Volta sono parte integrante della nostra famiglia Finzi; infatti, erano cugini primi di mio padre, tutti di origini mantovane. 
Mio nonno paterno Enrico Finzi aveva una sorella, Amalia, che sposò l’avvocato Riccardo Dalla Volta, nato a Mantova il 28 ottobre 1862.
Con la moglie, morta nel 1931, ha avuto tre figli Enrico, Giorgio, di cui abbiamo pochi dati e sappiamo solo che si è salvato dalla Shoà e visse a Milano, e Margherita.
Il figlio maggiore Enrico Dalla Volta nato a Firenze il 27 febbraio 1894, seguì il padre facendo l’avvocato. Della figlia Margherita Dalla Volta nata a Firenze il 16 dicembre 1903 non abbiano dati e sappiamo solo che seguì lo stesso destino. 
Riccardo Dalla volta fu arrestato a 82 anni a Firenze l’8 febbraio 1944 insieme al figlio Enrico, di 50 anni e alla figlia Margherita, di 41 anni, furono prima detenuti a Firenze e poi trasportati il 22 febbraio 1944 al campo di smistamento di Fossoli, vicino a Carpi, da dove furono deportati al campo di sterminio di Auschwitz. Ecco perché oggi siamo qui a porre queste tre pietre d’inciampo per ricordare la vita di questa famiglia e la loro crudele scomparsa. 
Riccardo Dalla Volta fu economista liberale e riformista, convinto sostenitore dei principi del libero mercato e della concorrenza e la sua vastissima bibliografia è composta da circa 470 titoli.  Fu professore di Diritto Commerciale nella Regia Scuola Superiore di Commercio di Venezia, successivamente presso Istituto Superiore di Scienze Sociali “Cesare Alfieri” di Firenze, Professore di Scienze delle finanze e poi Docente di Economia Politica e nel 1898 ottenne la libera docenza di Economia politica presso l’università di Padova. Dal 1909 al 1927 fu Sovraintendente dell’”Alfieri” che in seguito divenne Facoltà universitaria. Dal 1910 al 1913 fu Assessore alla Pubblica Istruzione e dal 1915 al 1919 Assessore alle Finanze presso il Comune di Firenze. Dal 1918 al 1926 fu Presidente dell’Accademia dei Georgofili di Firenze, la più antica del mondo fondata nel 1753 e nel 1897 fu riconosciuta come Istituzione Statale, sempre impegnata nei problemi del territorio, nei settori dell’agricoltura e dell’ambiente promuovendone le attività tecnico economiche e relative alla crescita sociale. Dal 1927 al 1936 fu Rettore del neonato Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali di Firenze, nel 1935 trasformato in Facoltà di Economia e commercio. E mantenne questo incarico fino al 1936 anno del suo pensionamento. 
Dal 1933 fece parte del Consiglio di Amministrazione dell’IRI, Istituto per la Ricostruzione Industriale, diretto da Alberto Beneduce. 
Il suo più grande dolore dopo aver servito onoratamente tutte le istituzioni fu quello di vedersi espulso a 82 anni da ogni carica istituzionale, in quanto ebreo. 
Noi Finzi di Milano siamo tutti nati nel dopoguerra e siamo figli di due partigiani ebrei italiani, che da giovani hanno fatto la Resistenza a Ferrara, a Roma e a Firenze. 
Noi siamo gli eredi di coloro che hanno lottato per liberare l’Italia dal nazifascismo, che hanno messo a rischio la propria vita perché ciò potesse accadere. 

Oggi conosciamo con orgoglio la loro storia e continuiamo la loro memoria nel desiderio di tramandarne l’esempio. Ed è con questo spirito che vorrei proporre una pietra d’inciampo sospesa da porre davanti all’abitazione di una vittima della Shoà, orfana della famiglia, per poter avere ugualmente la memoria onorata. 
Ringrazio tutti coloro che hanno partecipato e, come diceva Primo Levi, “che il silenzio, non sia silenzio”.
 

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