Piano terra e sottosuolo

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Sotto Palazzo Vecchio: gli scavi del Teatro Romano di Firenze

Nel 2010 si è concluso lo scavo archeologico nei sotterranei di Palazzo Vecchio, che ha consentito di riportare alla luce i resti di alcune parti del teatro romano di Florentia. Lo scavo è stato condotto dalla Cooperativa Archeologia sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, mentre la sua elaborazione e lo studio dei materiali, ancora non ultimati, sono stati affidati all’équipe del Professor Riccardo Francovich dell’Università degli Studi di Siena.

Palazzo Vecchio poggia le sue fondamenta su un sito di straordinaria importanza storica: i resti dell’antico Teatro Romano di Florentia. Il primo impianto del teatro potrebbe risalire alla fase coloniale della città; l’intervento di ampliamento si inquadra, verosimilmente, nella grandiosa ristrutturazione della città compiuta in età imperiale (fine I - inizi II sec. d.C.).

Il teatro di Florentia, per quanto consentono di stabilire i resti archeologici, doveva avere una capienza cospicua, stimata nell’ordine degli 8.000 -10.000 spettatori. Le sue vestigia, infatti, si estendono su una vasta porzione di terreno sotto Palazzo Vecchio e palazzo Gondi, con la cavea rivolta verso piazza della Signoria e la scena lungo via dei Leoni. La grandezza e la capienza del teatro sono una testimonianza dell’incremento demografico d’età imperiale, epoca in cui Florentia conosce un significativo sviluppo urbano.

Il teatro restò attivo fino al V secolo d.C.; in seguito, con la crisi dell’Impero Romano e le guerre greco-gotiche, cadde progressivamente in disuso e in stato di degrado. L’area fu sottoposta a ripetuti saccheggi e spoliazioni di materiali decorativi o costruttivi.

Dall’età longobarda le burelle, ossia i corridoi radiali in muratura sui quali era impostata la cavea a semicerchio, vennero utilizzate con funzioni diverse; alcuni ambienti divennero discariche di materiali, calcinaie, luoghi di sepoltura, stalletti per animali. L’elevato della cavea fu fortificato e utilizzato come torre di guardia, meglio nota col nome di ‘Guardingo’. Intorno al XII-XIII secolo alcune burelle furono anche trasformate in carceri.

Fra XII e XIII secolo sul sito del teatro romano vennero a sovrapporsi le case-torri delle famiglie Foraboschi e Manieri, in seguito inglobate dall’ampliamento del Palazzo dei Priori (oggi Palazzo Vecchio), sorto dalla fine del Duecento sulla base di un progetto che si suole attribuire ad Arnolfo di Cambio.

La costruzione e l’ampliamento del Palazzo occultò definitivamente i resti del teatro romano e la memoria della loro esistenza, ancora viva nel tardo Medioevo, andò progressivamente a perdersi.

I resti della Florentia romana cominciarono gradualmente a riaffiorare nella seconda metà dell’Ottocento quando, in occasione del trasferimento della capitale del Regno d’Italia a Firenze (1865), fu intrapresa un’intensa serie di campagne di sventramento e ammodernamento del tessuto urbano.

All’architetto Corinto Corinti (1843-1930) fu affidato dal Comune di Firenze il compito di documentare graficamente i rinvenimenti. Grazie ai suoi disegni, ancor oggi possiamo farci un’idea dei preziosi ritrovamenti archeologici nel sottosuolo di Firenze, in gran parte ormai celati da nuove costruzioni. È il caso del Mercato Vecchio (oggi Piazza della Repubblica), che fu completamente demolito per finalità di ‘risanamento’; nelle operazioni di scavo riemersero i resti del Foro con il campidoglio della città romana.

Nel 1875-76, durante il rifacimento di un fognone in via de’ Gondi, furono fortuitamente rinvenuti alcuni tratti delle burelle del teatro romano. Sulla base della disposizione radiale di questi corridoi sotterranei e tenendo conto dei rilevamenti e delle prime ipotesi dell’ing. Fraschetti, Corinti formulò una proposta di restituzione grafica dell’aspetto del teatro, supponendo che i suoi resti dovessero estendersi anche al di sotto di Palazzo Vecchio.

Fra il novembre del 1997 e il maggio del 1998 è stata effettuata un’indagine archeologica preliminare, che ha interessato sette ambienti posti nella terza corte di Palazzo Vecchio. La vera e propria campagna di scavo si è svolta dal 2004 al 2010 e ha interessato cinque di questi locali.

I lavori hanno consentito di riportare alla luce alcuni tratti delle burelle, compreso il vomitorium, ossia il corridoio centrale attraverso il quale gli spettatori avevano accesso. È inoltre visibile il margine interno della piattaforma dell’orchestra, che nel teatro romano non ospitava il coro come in quello greco, ma era riservata alle autorità. Il ritrovamento di un gruppo di anfore per le derrate alimentari, rotte e riutilizzate per il drenaggio delle acque, ha consentito di datare la costruzione delle burelle alla fine del I o all’inizio del II secolo d.C.; tuttavia è probabile che il nucleo originario del teatro risalga all’epoca della fondazione della colonia romana – fine del I sec. a.C. – e che soltanto in seguito sia stato ingrandito.

Sui resti d’età imperiale si sovrappongono, per successive stratificazioni, strutture di epoca medievale (XII-XIV sec.) come pozzi, fondamenta di abitazioni e altri edifici. Tra questi è stato individuato un fronte stradale con portali medievali e relativo selciato, inglobato nel XVI secolo nell’ampliamento di Palazzo della Signoria verso via dei Gondi e via de’ Leoni.

Tracce di Firenze - Palazzo Vecchio racconta la città

Tracce di Firenze è una  sezione espositiva che intende offrire al pubblico una seducente panoramica della città nel suo edificio storico più rappresentativo.

Qui Firenze si mostra attraverso le suggestive immagini di una selezione di importanti opere raffiguranti vedute e scorci cittadini, invitando a scoprire la sua storia e le sue bellezze.

Il racconto di Firenze in quanto urbs – forma urbana – e in quanto civitas - identità politica, sociale e culturale - trova una sede privilegiata nel monumento simbolo della città e nelle sue stratificazioni architettoniche: dai resti del teatro della Florentia romana conservati nelle sue fondamenta, passando attraverso le testimonianze del medievale Palazzo dei Priori e dei fasti dell’età medicea, si giunge alle memorie degli anni di Firenze capitale del Regno d’Italia.

Il nuovo nucleo espositivo, che trae origine dalle collezioni dell’ex Museo Storico Topografico “Firenze com’era”, occupa due ambienti al piano terreno del palazzo ed è costituito da un allestimento permanente affiancato da una sezione temporanea.

Nella sezione permanente si traccia un profilo della città e del suo sviluppo urbano con una selezione di dipinti, incisioni e disegni che documentano l’aspetto di Firenze nel corso dei secoli, dal primo Rinascimento (xv secolo) all’epoca contemporanea (xx secolo).

Il percorso di visita si apre con due capisaldi dell'iconografia fiorentina, la riproduzione ottocentesca della Pianta della Catena e la veduta prospettica di Stefano Bonsignori. Seguono alcune delle celebri incisioni di Giuseppe Zocchi, che mostrano la Firenze settecentesca colta nella sua molteplice e umana quotidianità, e una serie di incantevoli vedute fluviali e scorci urbani di stimati pittori, come Livio Mehus, Thomas Patch, Emilio Burci e Giovanni Signorini.

 Il vecchio centro è rievocato da un gruppo di piccole tavole di Augusto Marrani raffiguranti i caratteristici vicoli scomparsi nell’ambito delle travagliate trasformazioni urbanistiche dell’Ottocento, qui documentate dai disegni di uno dei progetti di Giuseppe Poggi per Firenze capitale del Regno d’Italia.

La rappresentazione delle espansioni della città moderna è affidata alla grande Veduta panoramica di Firenze disegnata da Luigi Zumkeller nel 1936. Il percorso si conclude con due testimonianze dei momenti più dolorosi della recente storia locale, le distruzioni belliche del 1944 e l'alluvione del 1966.

La sezione temporanea accoglierà periodicamente piccole mostre incentrate su aspetti peculiari della storia di Firenze, attingendo prevalentemente dai depositi e dalle collezioni dei Musei Civici Fiorentini, con il duplice intento di offrire nuovi e ulteriori spunti di riflessione sul passato e sul presente della città e restituire visibilità a raccolte o singole opere poco note o mai esposte al pubblico.

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